Scuola: salta obbligo tre anni stessa cattedra. Buona per prof, “mala” per alunni/studenti

ROMA – Scuola, c’era un obbligo per i prof che finalmente andavano in cattedra dopo tanto precariato. L’obbligo era restare in cattedra, sulla stessa cattedra, per tre anni. Evidenti i vantaggi per alunni e studenti: avere per tre anni lo stesso docente, continuità didattica, confidenza e fiducia nell’insegnante, niente tempo perso e buttato a ricominciare con il sostituto o peggio con il supplente magari parcheggiato su quella cattedra per poche settimane.

Ma i tre anni obbligati sulla stessa cattedra, sia pure in cambio della cattedra stessa, erano molto pesanti per i prof. Pesantissimi, addirittura intollerabili. Molti di loro (non pochi si erano detti addirittura “deportati” denotando come minimo uno scarso senso delle proporzioni lessicali e un’ ardita, spericolata, sfacciata riduzione della storia a metafora della lotta di categoria) sono andati in cattedra all’inizio del corrente anno scolastico dovendosi trasferire dal Comune di residenza. Insomma avevano “vinto” la cattedra, ma in trasferta.

Già questo appariva alla categoria e ai sindacati intollerabile peso nonché ingiustizia da sanare, essere poi obbligati a restarci tre anni era per l’opinione corrente tra i prof un infierire su di loro. Quindi la nuova ministra tra i suoi primi passi ha preparato un provvedimento che cancella l’obbligo. Sindacati soddisfatti. Anche se qualche sindacato voleva ancora di più…L’accordo in via di firma prevede che il prof che si è dovuto trasferire da casa sia ad altro Comune per andare a prendere possesso della “sua” cattedra possa far da subito domanda di trasferimento per tornare a casa sua, ad una cattedra che abiti dove abita lui.

Si prevedono ovviamente moltissime domande di ritorno a casa dal Nord verso Sud e di conseguenza molte classi che questo anno avevano un o una prof, l’anno prossimo cambieranno insegnate perché quello di prima torna a casa. Una buona scuola finalmente per i prof. La loro esigenza (diritto?) di insegnare a casa o al massimo vicinissimo a casa viene riconosciuta e rispettata (resta irrisolta la questione posta in maniera provocatoria ma efficace: esauriti i posti in cattedra al Sud, si “deporteranno gli alunni” perché il prof trasferito possa tornare a casa?).

Una scuola invece simmetricamente “mala” nel caso per alunni e studenti che si vedranno cambiare, ruotare i docenti in cattedra con relativo e conseguente minor didattica e minor profitto scolastico (una volta si diceva così oggi di sicuro non più). Non a tirarla giù pesante, però un piccolo ma significativo contributo alle modalità scolastiche che sfornano due diplomati su tre semianalfabeti, in grossa difficoltà se non addirittura incapaci di esprimersi per iscritto e a voce in una lingua corretta, coerente e dotata di nessi logici.

Buona scuola, mala scuola…dipende. Per chi è fatta, a chi serve la scuola, di chi è la scuola? Gli ultimi mesi hanno evidenziato con chiarezza quella che è la realtà da decenni: la scuola italiana è soprattutto di chi ci lavora, per i prof, dei prof, degli amministrativi, dei dirigenti, dei sindacati.

Gli studenti, gli alunni vengono dopo. Parafrasando Trump, “Prof primi!”. Il governo aveva preso una sbandata per gli alunni e i loro interessi, è stato bastonato e ora finalmente ha capito per chi deve essere buona la “buona scuola”.

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