ROMA – Dopo una breve e disturbata vacanza, disturbata dall’obbligo di tenersi pronti per la manovra finanziaria, ha riaperto i battenti il Senato della Repubblica, e con il ritorno in sede dei senatori ha riaperto anche il ristorante interno. Quello stesso ristorante che, appena qualche settimana fa, aveva suscitato lo sdegno di migliaia di cittadini alle prese con finanziarie lacrime e sangue, tasse di solidarietà e quant’altro, per il prezzo risibile delle sue portate. Un pasto completo, con piatti elaborati e non da fast food, a meno di 10 euro. Scoppia lo scandalo e subito tutti pronti a dire che così non va e che la cosa andrà al più presto affrontata e i prezzi saranno adeguati al mercato. Strano che i senatori non si fossero accorti prima che i media lo denunciassero che i loro pasti erano leggermente meno cari che nei ristoranti veri. Bene, oggi il ristorante ha riaperto e il menu è cambiato. Ma non nei prezzi, quelli sono rimasti identici. Sono cambiati i piatti del giorno.
E così il ristorante meno caro d’Italia, gentilmente offerto dai contribuenti italiani, è tornato a servire squisiti pasti a prezzi modici. Accortosi dell’inconveniente, il presidente del Senato Schifani ha subito reso noto, attraverso l’ufficio stampa, di aver “sollecitato il Collegio dei Senatori Questori a dare immediata esecuzione all’ordine del giorno accolto in occasione dell’esame del Bilancio interno che prevedeva la revisione dei prezzi del ristorante di Palazzo Madama. Pertanto gli adeguamenti saranno operativi in occasione della ripresa dei lavori d’Aula”. I questori, dal canto loro, hanno fatto sapere, attraverso una nota del Senatore Questore Paolo Franco che: accolgono “la sollecitazione del Presidente Schifani in merito all’adeguamento dei prezzi del ristorante di Palazzo Madama. Il Collegio dei Senatori Questori sarà convocato già nei prossimi giorni per dare piena attuazione all’ordine del giorno accolto in occasione dell’esame del Bilancio interno del Senato”.
Lenti, sordi e ciechi, appaiono così i nostri senatori, incapaci di comprendere che in un momento tanto delicato dal punto di vista economico in cui si chiedono sacrifici ai cittadini anche un gesto piccolo, poco più che simbolico come adeguare i prezzi di un ristorante di quella che sempre più è vissuta come “la casta” alla realtà, può contribuire a svelenire gli animi, a dare un minimo di buon esempio. Ripetono, come una sorta di mantra, che adegueranno i prezzi, domani, come taglieranno i costi della politica, domani. Forse lo faranno davvero, forse una spigola smetterà di costare 3 euro, ma il punto è che non c’era bisogno di essere smascherati dalla pubblica opinione per fare un simile gesto e, soprattutto, che non bisogna promettere di farlo domani. Bisogna farlo e basta. Rimandare è grottesco.
Avevano già promesso i Senatori, a fine luglio, di rivedere i costi del ristorante, in occasione del’esame del Bilancio interno del Senato. Avevano promesso ma quasi un mese è passato invano. Qualcuno aveva proposto che il famigerato ristorante fosse chiuso e altri che diventasse a carico dei senatori ma, per ora, una spigola continua a costare come un cappuccino e cornetto nei bar intorno a Palazzo Madama.
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