Terremoto Sicilia, eccolo: 80% Comuni senza piani, case costruite senza regole..

I pallini sono le scosse che hanno colpito la Sicilia negli ultimi 3 giorni (dal sito dell'Ingv)

PALERMO – Per i cinque milioni di cittadini che popolano la Sicilia ci sono appena 4.000 tende della protezione civile disponibili. Poco male, il campeggio non piace a tutti si potrebbe scherzare. Ma da scherzare c’è poco perché secondo diversi studiosi il “big one”, il terremoto devastante che prima o poi si abbatterà sull’isola, è imminente.

A dire il vero sono oltre 400 anni, dal lontano 1693, che i siciliani convivono con l’attesa del grande terremoto che colpirà la loro isola. Da allora di eventi sismici ce ne sono stati diversi, alcuni talmente lievi da essere impercettibili o quasi, altri invece forti, come quello che colpì il Belice nel 1968. Ma nessuno ha mai toccato la forza che il “grande terremoto” dovrebbe avere: 7,5 gradi della scala Richter.

Sono abituati quindi i siciliani a convivere con le scosse e soprattutto con l’attesa del grande terremoto. Un’abitudine vecchia di secoli, un’abitudine che ha voce, la voce dell’Etna che periodicamente si fa sentire e un’abitudine che si fa paura e diviene pressante ogni volta che altri terremoti colpiscono la nostra penisola. Eppure, nonostante questa abitudine, l’isola di Giovanni Verga sembra essere del tutto impreparata a questo evento atteso da 400 anni.

L’80% dei comuni isolani ha piani di emergenza vecchi o non ne ha affatto (dato della protezione civile regionale); le tende, come detto, a disposizione dei 5 milioni di siciliani sono appena 4mila; gli impianti, le aree petrolchimiche di Milazzo, Priolo e Gela sono “vecchi e non resisterebbero a forti scosse”, stando a quanto afferma Salvatore Cocina, capo dell’Arpa Sicilia. E poi il patrimonio edilizio pubblico e privato per cui “non c’è una legge che imponga di mettere in sicurezza gli edifici”, come riconosce Pietro Lo Monaco, responsabile della Protezione Civile dell’isola. “In questi anni non è stato fatto nemmeno il censimento e il monitoraggio per capire cosa può resistere e cosa no” ricorda Enzo Parisi di Legambiente.

Su queste basi le polemiche nate dalle parole di Alessandro Martinelli, direttore dell’Enea di Bologna, all’indomani del terremoto in Emilia: “Ora tocca al sud, in particolare Sicilia e Calabria”, e dalle controverse previsioni di diversi studiosi, alcune delle quali danno per imminente il “big one” mentre altre non indicano tempi, appaiono alquanto sterili. A cosa serve infatti sapere se e quando ci sarà il terremoto se la prevenzione è pari a zero? Ovviamente a nulla.

Se gli studiosi divergono e litigano sui tempi in cui ci si deve aspettare il “terremotone”, concordano invece sul fatto che questo ci sarà. E sono d’accordo su questo punto probabilmente non dal 1600, ma almeno da una trentina d’anni. Tanto è vero che già nel 1985 la Protezione Civile aveva invitato le autorità siciliane a predisporre piani di emergenza in vista di una forte scossa attesa nella Sicilia orientale nei successivi 15 anni. I tre lustri indicati sono trascorsi fortunatamente senza terremoto, ma anche senza nessuna iniziativa presa per mettere in sicurezza edifici ma nemmeno per organizzare il “day after”. Trascorsi, almeno da questo punto di vista, inutilmente. Eppure che la Sicilia, e in particolare la parte orientale, sia una zona soggetta a terremoti, anche forti, lo insegna la storia e non ci vuole certo la palla di vetro per sapere che scosse ce ne sono state e ce ne saranno. L’attività vulcanica della zona ne è una testimonianza che non è certo nascosta.

L’Enea, sempre attraverso Martinelli, ha previsto il “grande terremoto” entro i prossimi 24 mesi al massimo. L’Ingv non è affatto d’accordo sui tempi e sui metodi usati per calcolarli, ma se negli ultimi 27 anni (dall’allarme dell’85) nulla è stato fatto, certo non saranno un paio d’anni in più a cambiare le cose.

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