Dammi l’orario, ti do asilo e check-up: nuovi patti nelle grandi aziende

ROMA – Sta nascendo, anzi è già nato, un nuovo tipo di accordo aziende/lavoratori e un nuovo modello di contrattazione sindacale. E non sta nascendo “dal basso”, dalle piccole e medie imprese dove il rapporto tra datore di lavoro e dipendente è da sempre più facile, ma dall’alto, dalle grandi multinazionali. Flessibilità in cambio di welfare. Disponibilità dei lavoratori a modificare il loro orario di lavoro e le loro mansioni in cambio di servizi come asili nido, assistenza sanitaria, borse di studio per i figli e così via. Un nuovo modello all’insegna, anche, del pragmatismo.

Nonostante la crisi generale, e a dispetto dei nervosismi della Fiat e l’insofferenza reciproca tra Cgil e Governo che animano il nostro Paese, i rapporti tra capitale e lavoro non stanno vivendo un momento di particolare sofferenza. Anzi, forse anche a causa delle difficoltà del mondo economico e finanziario, i rapporti puntano oggi più che mai sul buon senso. E se le aziende hanno bisogno di flessibilità in un mercato dove l’agilità è indispensabile per stare al passo con i cambiamenti, i lavoratori, di contro, hanno bisogno di un po’ di welfare, visto che quello pubblico perde colpi. E partendo da questi presupposti molte, tra le più grandi multinazionali che operano in Italia, hanno stretto accordi in tal senso.

All’Ikea azienda e sindacati si sono trovati a dover gestire l’alto numero aperture domenicali dei punti vendita, la risposta è stata prevedere un collegamento esplicito tra orari, formazione e inquadramento professionale. La Ferrero ha studiato e concordato con il sindacato un menù di soluzioni possibili in termini di flessibilità degli orari, un prontuario dal quale l’azienda può pescare nel momento in cui ha bisogno di variare l’orario.

In cambio la multinazionale della Nutella si è fatta carico di tutta una serie di esigenze del lavoratore e della sua famiglia: da un numero maggiore di permessi retribuiti alla possibilità per i lavoratori di autogestirsi una banca del tempo tramite la quale prestarsi le ore, sino all’aumento degli spazi per il part-time e la formazione dopo la maternità e l’aspettativa. Nel capitolo welfare include servizi pediatrici, soggiorni estivi per i figli, stage all’estero e un sussidio per l’università dei ragazzi.

La Air Liquide, multinazionale francese della chimica, ha aumentato il contributo per la previdenza complementare, i permessi per malattia dei figli e istituito borse di studio per diplomi e lauree. La Heineken ha invece concordato con i sindacati la creazione della banca delle ore, ha negoziato il ricorso al telelavoro e riconosciuto un giorno di permesso per attività di volontariato. La Kraft ha firmato per maggiori congedi retribuiti per la cura dei figli, asili nido, agevolazioni allo studio, check-up gratuito, cure termali e anticipo del Tfr. La Luxottica ha varato molti strumenti di welfare aziendale e, dopo il carrello della spesa, le spese mediche specialistiche, i libri dei figli, ora Leonardo Del Vecchio ha destinato azioni ai dipendenti. In Nestlè il congedo per malattia dei figli è stato portato a 10 giorni e il part-time al 5% della forza lavoro.

Un nuovo modello quindi già molto diffuso che, come riconoscono gli stessi sindacalisti, rompe in modo netto con quello che era il vecchio metodo di contrattazione. Come scrive Dario Di Vico sul Corriere “nella tradizione sindacale italiana il vecchio compromesso era più di carattere politico, a fronte di flessibilità il sindacato reclamava e otteneva un maggiore controllo sui programmi produttivi e quindi sulla fabbrica. Oggi le aziende hanno totalmente recuperato su questo terreno non tanto con l’obiettivo di schiacciare il sindacato quanto soprattutto per adeguarsi alla nuova imprevedibilità dei mercati. I cicli produttivi sono diventati più nervosi e per le multinazionali sarebbe impossibile affrontarli con gli stessi vincoli sindacali di vent’anni fa. Hanno bisogno di un maggiore adattamento. Ed è questa la cornice che segna la nuova contrattazione e lo scambio che si produce si basa ancora sull’azione collettiva ma stavolta non crea «forza sindacale» bensì vantaggi individuali per il lavoratore e la sua famiglia”.

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