Quel tiranno sanguinario di Fidel Castro ha per anni inviato centinaia di medici in giro per il mondo a combattere epidemie, malattie dovute alla fame, morbi endemici.
Sono presenti in 66 paesi oltre 4000 medici e migliaia e migliaia di infermieri. Ne ho conosciuti diversi, alcuni si sono a loro volta ammalati in quei Paesi.
Uno di loro è un mio amico e vive su di una sedia a rotelle da 20 anni a causa di un virus che lo ha colpito nella Repubblica Centrafricana.
Ma Cuba, da 60 anni, non si è mai tirata indietro.
L’alta specializzazione dei medici cubani, ha tenuto in piedi per anni molte strutture sanitarie, in Africa, America Latina, Caraibi, Centro America , Asia.
Un impegno che iniziò in Algeria nel 1963.
Da allora 400.000 medici si sono alternati negli anni al capezzale del terzo mondo malato. I medici e gli infermieri sono poi affiancati spesso da insegnanti e tecnici altamente specializzati.
Passata l’emergenza, molti restano lì per favorire lo sviluppo umano di quelle popolazioni, come sta accadendo tuttora in Bolivia, Ecuador e soprattutto Venezuela, dove risiedono stabilmente 45.000 cubani tra personale sanitario e docenti.
Le brigate mediche cubane sono tra i più grandi specialisti nella medicina d’emergenza, quella necessaria a seguito di terremoti o epidemie.
In occasione dell’uragano Katrina in Louisiana (dove si osservarono i molti limiti dimostrati dalla macchina dei soccorsi Usa), Castro offrì anche agli americani un aiuto che Bush rifiutò.
Un ruolo fondamentale, quello dei medici cubani, riconosciuto anche dall’Oms in occasione dei terremoti in Cile e Nepal, o delle epidemie di colera ad Haiti o di Ebola in Guinea e Sierra Leone.
Arriveranno anche in Italia 65 di quei valorosi che hanno combattuto l’Ebola in quest’ultimo Paese sconfiggendola.
Da quella Sierra Leone dove Americani ed Europei hanno mandato solo qualche soldo (e mai uomini) e militari per sorvegliare i confini infetti.
Altri, tra quei medici cubani, non possono venire. Sono morti in Africa, sull’altra sponda dell’oceano atlantico da quella dove erano nati.