Pacchetto sicurezza: un altro alt al tentativo di limitare il potere di controllo dei giudici

ROMA – Ancora una altra norma del cosiddetto “pacchetto sicurezza” fortemente voluto 2 anni fa dal governo ed in particolar modo dal Ministro Maroni, viene a cadere sotto la scure della Corte Costituzionale che con sentenza del 12.5.11 n. 164, interviene pesantemente sulla norma introduttiva dell’obbligo per il giudice di disporre la sola custodia cautelare in carcere quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario.

Ricordiamo che gia nel 2010, sent. 265/10 , l’Alta Corte si era pronunciata contro il principio secondo cui potessero nel nostro Ordinamento valere queste presunzioni legali che, in buona sostanza, finivano con l’escludere la valutazione a cui il Giudice era tenuto nell’analizzare elementi specifici in relazione al caso concreto. In molti casi, ad esempio, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, magari meno afflittive, in ossequio ai principi costituzionali in materia.

In quel caso, ricordiamolo, la Corte si pronunciava sull’automatismo legato alle cautele imposte in presenza di certi reati, quelli a sfondo sessuale, per i quali, come spesso accade, sull’onda emotiva e giustizialista, era stata pensata la cosiddetta riforma.

Tuttavia il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e per l’ennesima volta la normazione penale diciamo non ispirata, non superava il vaglio di costituzionalità della Corte che quindi espungeva dal quadro normativo processuale quella legge non in sintonia con le piu alte norme che ispirano il sistema cautelare.

Pochi giorni fa è stata quindi la volta del reato di omicidio, per il quale la legge prevedeva un automatismo di cautele che appariva non conforme alla Carta Costituzionale. La Corte, in buona sostanza, non ritiene che la deroga al principio di gradualità nella scelta delle diverse misure cautelari, ammessa per particolari fattispecie criminali quali l’associazione mafiosa, sia corretta in reati come quello di omicidio in quanto lo stesso presenta caratteristiche tali da non consentire un giudizio che presuma una estrema pericolosità, essendo quello un reato in cui l’aspetto “individuale” è preponderante.

Si sono in questi giorni spesi fiumi di parole a favore e contro l’intervento della Corte, da un lato evidenziando presunte vulnerabilità in materia di lotta alla criminalità, e dall’altro non si è mancando di evidenziare come il legiferare in condizioni emergenziali finisca col far si che la produzione legislativa confligga con le più alte priorità di cui un Ordinamento giuridico si dota, in special modo in materia di limitazione della libertà personale.

Poco, a nostro parere però si è detto a proposito della strisciante tentativo di limitare la giurisdizione e le garanzie ad essa connesse. La cultura della Giurisdizione, storicamente sorge appunto per limitare un altro potere, quello legislativo, spesso i due in aperta conflittualità tra loro. Alla giurisdizione è normalmente connesso un sistema di garanzie che il Giudice è tenuto a ben governare per far sì che possano efficacemente esercitarsi diritti ed osservarsi doveri. La corretta dinamica di questi diritti e doveri facenti capo ai singoli cittadini, se regolati da norme su cui sovrintende un Giudice, garantisce un sistema equilibrato cui diamo il nome di giurisdizione.

Il cosiddetto pacchetto sicurezza e le norme liberticide in esso contenute, destinate progressivamente alla mannaia costituzionale, tra le altre cose, seppure in maniera non evidente, perseguivano,  magari indirettamente, lo scopo di limitare sempre di più il controllo del Giudice sul volere legislativo. Ed infatti, cos’altro è l’automatismo con cui, attraverso la presunzione di adeguatezza esclusiva, si obbligava il Giudice alla adozione di una unica misura (il carcere) per determinati reati se non la spoliazione del controllo giurisdizionale e delle garanzie ad esse connesse e demandate al Giudice?

Appare proprio superfluo evidenziare la pericolosità di norme che limitano le verifiche giurisdizionali e nello stesso tempo auspicabile che la medesima sensibilità della Corte Costituzionale sia propria anche del Parlamento e del governo nell’ambito dell’attività propositiva e legislativa, anche per evitare scomodi richiami alla legalità costituzionale come sempre più spesso oramai accade.

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