Palamara, le intercettazioni non erano depositate. Come e perché sono state diffuse? Chiariamolo subito. Le intercettazioni che emergono dalle carte perugine a carico di Palamara non fanno parte del fascicolo processuale. Appartengono alle indagini senza dubbio, ma non sono parte degli elementi a carico del PM romano indagato.
Non potevano esserlo perché la legge vieta che possano trovare ingresso nel fascicolo d’indagine intercettazioni il cui contenuto sia privo di rilevanza penale.
Quindi è evidente che con la chiusura delle indagini preliminari, qualcuno ha avuto accesso non solo agli atti depositati, ma anche a quelli non depositati.
Per quanto non allegata al fascicolo d’indagine, tuttavia quella mole di intercettazioni esisteva.
E dove si trovava? Come ne hanno avuto accesso “la Verità” e “il Fatto Quotidiano”?
Chi doveva custodire quegli atti d’indagine oggi sapientemente distillate?
La risposta è una sola.
Il Procuratore della Repubblica del Tribunale che procede.
È lui il custode di quel materiale.
Incidentalmente, nel caso di specie, può averle avute anche il CSM che le aveva chieste per esercitare l’azione disciplinare.
Anche se non è chiaro se le abbia poi effettivamente ottenute perché la Procura di Perugia ha opposto il rifiuto a tutela della segretezza delle indagini.
L’ostensione di quelle intercettazioni svela un fine politico.
Non può escludersi una resa dei conti in seno all’Ordine Giudiziario.
Magari perché Palamara proprio tutti quei questuanti non li ha accontentati.
Resta il fatto che l’annosa questione del destino che dovrebbero avere i “brogliacci” inservibili delle intercettazioni irrilevanti, è ancora drammaticamente attuale.