ROMA – Sono due gli argomenti spesi a favore della nuova disciplina della prescrizione. Con il primo, si tende ad evidenziare che i diritti della persona offesa del reato abbiano in fondo più valore di quelli dell’imputato, evocando una sorta di denegata giustizia qualora il processo si estingua per prescrizione.
La faccenda è mal posta. I diritti del danneggiato non sono garantiti solo attraverso il processo penale. In realtà, essi sono tutelabili anzitutto davanti al Giudice Civile. La parte civile che introduce una domanda risarcitoria nel processo penale è una parte del tutto “eventuale”. De iure condendo se ne auspica da decenni dalla migliore dottrina la sua abolizione. In altri termini, non esiste una giustizia “privata”.
La potestà punitiva negli stati moderni resta in capo allo Stato. Parte civile o no la persona offesa è portatore solo di pretese “civilistiche”. Travaglio e Davigo fanno finta di non saperlo ma è cosi.
L’altro argomento che i fans del “processo eterno “ ritengono insuperabile è che la prescrizione “esiste solo in Italia”.
Qualche volta maliziosamente aggiungono anche in Grecia come se accostare il nostro Paese a quello ellenico, fosse una “diminutio” dell’alto prestigio europeo di cui dovremmo godere ed a cui invece dovremmo essere accostati.
E giù, saccheggiando Wikipedia, a descrivere (per sommi capi) le discipline vigenti all’estero, operando comparazioni invero del tutto inconferenti, dato che ogni Ordinamento ha peculiarità tali che i singoli istituti (la prescrizione questo è) vengono modellati sulla base di dette specificità. Basti pensare alla obbligatorietà dell’azione penale, non ovunque vigente, che genera un mostruoso contenzioso.
Ed anche a tacer di questo, non è affatto vero che altrove la prescrizione non esista. Al contrario esiste eccome. E’ corretto sottolineare semmai che operino di meno per effetto di una diversa struttura di quegli Ordinamenti.
Che essendo più efficienti, rendono praticamente non operativa questa causa estintiva del reato.
In altri termini, visto lo stato della nostra giustizia e la sua incapacità di dare una risposta in tempi rapidi e certi, in attesa di riformare in maniera profonda il nostro processo complessivamente, bisogna scegliere se privilegiare il diritto a non essere ostaggio del sistema a vita oppure sacrificare le garanzie dell’individuo (costituzionalmente non colpevole fino al terzo grado) ad una concezione del diritto propria degli stati etici.
Postulando che, come nei sistemi giuridici degli Stati teocratici, la pena abbia una funzione medicinale ed ottimistica. E’ quello che pensano Travaglio e Davigo. E’ anche però il medioevo in cui vogliono ricacciarci.