Renzi da Obama per rinverdire il suo profilo internazionale

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Matteo Renzi (foto Ansa)

ROMA – Renzi vola da Obama a Chicago tentando di rinverdire quel profilo internazionale che era uscito appannato dalla disfatta del referendum costituzionale. Con la sconfitta ci aveva rimesso, oltre che la guida del governo, anche buona parte della considerazione che le Cancellerie d’Europa avevano riposto nel giovane leader italiano, per qualche misterioso motivo visto come una novità nel panorama politico italiano.

Che in realtà non lo sia mai stato, lo dimostra la recente sortita napoletana, in linea con la più squisita tradizione del trasformismo italico. Interrompendo il gran tour ferroviario, conclude la Conferenza Programmatica del Pd e, ispirato del clima partenopeo, ne ha approfittato per svelare il segreto di Pulcinella, dicendosi pronto a quella grande alleanza con Berlusconi che a chiacchiere sia lui che il cavaliere avevano sempre escluso.

Ovviamente, non ha scartato una (improbabile) alleanza anche con la sinistra, ma è ovvio che non è ai voti di Bersani e Pisapia quelli a cui guarda e soprattutto quelli a cui tiene. Anche perché a sinistra, la condizione per una alleanza con Il PD, è subordinata proprio alla richiesta di un passo indietro di Renzi, come si è affrettato a ripetere l’ex sindaco di Milano.

Del resto si rivelerebbe davvero una sceneggiata indegna quella del Mdp se, dopo essere usciti dal Pd, con i loro eletti accettassero di far parte di un governo guidato dal segretario del partito da cui sono fuggiti a gambe levate. No, decisamente è al serbatoio di consensi centristi quello a cui guarda Renzi.

Perché il centro moderato gli è politicamente più affine e soprattutto perché l’eredità di voti del crepuscolo berlusconiano è troppo appetibile per potervi rinunciare. D’altro canto, gli elettori moderati e soprattutto i colonnelli di Fi non guardano con particolare favore ad un accordo con Salvini e Meloni che, ricordiamolo, fuori dall’Italia non godono di alcuna considerazione. Nella Europa che conta soprattutto. Dove sono rappresentati gli interessi di riferimento dei centristi, ben tutelati dal Partito Popolare Europeo e non certo da Salvini.

Il problema per Renzi di far convivere l’anima socialdemocratica del Pd con quella del Ppe in Europa è comunque al di là da venire. Per adesso, l’importante è tornare al Governo, tentando possibilmente di saldare al più presto qualche cambiale firmata al momento della sua discesa in campo. Spostare la sinistra a destra attraverso 5 anni di ininterrotto governo è il fine che nel medio-breve termini persegue Renzi. In un panorama politico cosi frammentato, solo i voti (e con essi i “desiderata” dei centristi moderati) possono garantirlo.

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