Salva Sallusti: niente carcere, ma stangata in euro

Il disegno di legge d’iniziativa dei senatori Chiti, Gasparri ed altri, sulle modifiche alla legge 8.2.48 n. 47 ed al codice penale in tema di diffamazione a mezzo stampa recante la data del 28.9.12, si compone di 2 articoli ed interviene sull’art. 12 e 13 Legge Stampa e sugli artt. 57 e, 594 e 595 c.p.

La relazione che accompagna il ddl suscita non poche perplessità ed in taluni passaggi svela la natura dell’intervento smaccatamente ad personam.

Viene infatti introdotto il ddl dal resoconto (sintetico ovviamente ) della vicenda giudiziaria che ha visto protagonista il direttore di Libero dr Sallusti, condannato alla pena di 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata.

Sin qui, a parte il segnale di una legislazione ancora una volta emergenziale, la cosa potrebbe anche avere un risvolto utile ad emendare una legislazione certamente bisognosa di riforma.

Quello che però non appare corretto è il seguito della citata, dove si confonde, non si sa quanto volutamente, il reato di diffamazione con quello di opinione.

Infatti lo spirito informatore della riforma sembrerebbe ispirato a scongiurare che nel nostro ordinamento siano puniti reati di opinione, una anomalia in quanto in ”quasi tutti gli stati occidentali la pena per i reati di opinione è soltanto pecuniaria ed anche per tale motivo l’anomalia presente nel nostro Ordinamento deve essere corretta e superata” .

La relazione continua evidenziando come il reato di opinione sia stato recentemente condannato anche dalla Alta Corte di Strasburgo, citando in proposito una serie di pronunce che francamente non hanno nulla a che spartire con il reato di opinione.

Infatti è cosa diversa e stupisce non poco che i nostri legislatori non se ne rendano conto, continuando a confondere il reato di opinione (che non esiste neanche nelle legislazioni più arretrate) con il reato di diffamazione, nel nostro caso col mezzo della stampa, che necessita di una puntuale riforma legislativa ma che nulla ha a che spartire col reato di opinione, sul quale non è necessario intervenire per il semplice e definitivo motivo che non esiste nel nostro ordinamento.

La relazione conclude specificando che le modifiche sono volte ad escludere che condotte diffamatorie vengano sanzionate con la detenzione.

E su questo, non si può che convenire.

Chiarito quindi che (l’auspicabilmente diverso) intervento legislativo è volto a mitigare il trattamento sanzionatorio e non già ad escludere il reato di diffamazione, resta da capire se la modifica proposta sia opportuna nei termini in cui è formulata.

Dal punto di vista tecnico, le norme sono ampiamente migliorabili.

L’art. 13 della Legge sulla stampa, quello in cui è prevista l’aggravante dell’attribuzione del fatto determinato, il cui riconoscimento spalanca le porte del carcere, per intenderci, sarebbe modificato nel senso di prevedere solo la multa, per altro determinata solo nei limiti minimi edittali (€ 5000) senza previsioni di un tetto massimo.

La norma sfugge a censure di costituzionalità in quanto in violazione del principio di stretta legalità, solo perché arriva in soccorso l’art. 24 del c.p. che prevede che la multa non sia superiore a € 50.000

Ci chiediamo se non fosse stato meglio indicare un termine massimo della sanzione irrogabile, senza lasciare al Giudice un cosi ampio potere discrezionale.

Ma dove la proposta di legge suscita maggiori perplessità è nella riforma dell’art. 57 c.p. che punisce il direttore o vice direttore responsabile per omesso controllo.

Attualmente, la norma punisce il direttore responsabile della stampa periodica e non anche il direttore della testata radiofonica o televisiva o di altri mezzi di diffusione.

La proposta invece includerebbe la responsabilità penale di questi ultimi, punendo il direttore responsabile se il reato è conseguenza di omesso controllo, dizione peraltro infelice, che non chiarisce bene la natura giuridica del reato che almeno, attualmente , è punito a titolo di colpa, cioè per l’ omissione imprudente, negligente e imperita (ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti ordini e discipline) nel controllo dell’assunto asseritamente diffamatorio. Si tratta, di una ipotesi di agevolazione colposa del fatto altrui, discutibilissima sotto molteplici profili ma almeno chiara.

Nella proposta di legge, scompare la natura giuridica colposa del reato e con essa la previsione di un controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, sostituita da una previsione normativa di natura piuttosto ambigua per cui il direttore risponde dei delitti commessi se il reato è conseguenza di omesso controllo.

Escludendo l’ipotesi colposa, sembrerebbe che il nuovo reato sia di natura dolosa e quindi ai fini della sua integrazione sarebbe necessario venga commesso con coscienza e volontà, a parte l’ipotesi del concorso del direttore con l’autore dell’articolo.

Ma se cosi è, esclusa appunto l’ipotesi di concorso del direttore responsabile con l’autore materiale della diffamazione, difficilmente il primo potrà essere punito poiché è sufficiente che dimostri che di non aver omesso il controllo, che potrà concretizzarsi con un semplice visto, atteso che tra l’atro non è necessario, come prevede oggi la legge, che questo sia necessario ad impedire etc etc.

In altri termini, da un lato si amplia la possibile imputabilità dei direttori in quanto viene estesa anche a quelli dei telegiornali ed altri mezzi di diffusione, ma dall’altro si rende difficilmente perseguibile il direttore responsabile il quale risponderà dei reati commessi solo allorquando potrà essere dimostrato di aver omesso dolosamente il controllo.

Cioè mai.

A questo punto, non sarebbe stato meglio escludere direttamente la responsabilità del direttore “irresponsabile”?

 

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