La claque salviniana vuole la magistratura asservita ad un non meglio specificato metodo Palamara. Ma con sua buona pace, a Catania le cose sono andate diversamente da come temeva l’ex Ministro degli Interni.
A Catania, un Giudice scrupoloso, utilizzando i poteri officiosi d’integrazione delle indagini, ha disposto l’escussione testimoniale di Conte, Lamorgese, Toninelli e Di Maio. Prima di assumere qualsiasi decisione in ordine alla richiesta di rinvio a giudizio.
Che poi era ciò che sollecitava lo stesso Salvini.
Non che la difesa del Capitano non avesse adombrato dubbi sulla imparzialità del GUP di Catania.
Paalamara al telefono piace a Salvini
In maniera alquanto inconferente infatti, nella memoria difensiva, Salvini, citava la nota conversazione. Intercettata tra Palamara e il procuratore di Viterbo Auriemma. E non mancava di evidenziare la scarsa fiducia che lui ripone nella magistratura. (Confronta pg 49 della memoria difensiva depositata nelle mani di Barbara D’Urso prima che in quelle del giudice del Tribunale di Catania).
Piuttosto, quello che lascia sorpresi è la richiesta di non luogo a procedere rassegnata dalla Procura di Catania.
La Legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, che modifica gli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (norme in materia di procedimenti per i reati a carico dei Ministri), introduce come è noto la giurisdizione di un Tribunale ad hoc. Chiamato appunto Tribunale dei Ministri, competente ad investigare per i reati commessi da questi nell’esercizio delle loro funzioni.
Tribunale dei ministri per Salvini
È un organo che, alla stregua della figura del Giudice Istruttore prevista dal precedente codice, ha poteri di indagine. All’esito dei quali formula, alla Camera di appartenenza del Ministro indagato, la richiesta di autorizzazione a procedere. Che, se accolta, comporta la richiesta di rinvio a giudizio secondo le norme processuali ordinarie.
L’art. 6 della citata Legge, prevede espressamente che il Procuratore della Repubblica, OMESSA OGNI INDAGINE, entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al Tribunale dei Ministri.
Il motivo per cui la Legge impone al Procuratore della Repubblica di astenersi da ogni indagine è di palese evidenza.
Si vuole evitare che queste vengano condotte da un organo diverso da quello individuato dalla Legge, cioè lo stesso Tribunale dei Ministri.
È a questo che spetta indagare, e non al Pubblico Ministero.
Pertanto stride con la logica del sistema la richiesta del Procuratore della Repubblica di Catania. Che, evidentemente, non ha potuto svolgere alcuna indagine volta ad accertare la sussistenza del reato contestato a Salvini.
Ovviamente il Pubblico Ministero è autonomo nel determinarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio, ma la domanda che è legittimo porsi è un’altra. Come ha fatto ad optare per il non luogo a procedere invece che per il rinvio a giudizio se non ha svolto indagini?
Era palese l’insussistenza di ipotesi penalmente rilevanti a carico di Salvini?
E se è cosi, perché il Tribunale dei Ministri, che invece le indagini le ha svolte, è di parere diverso?
Ma soprattutto, perché il Giudice per l’udienza preliminare di Catania ha invece ritenuto fosse necessario ascoltare altri membri del Governo cui apparteneva Salvini (quindi ad indagare) prima di decidere sulla richiesta di rinvio a Giudizio?
Questo processo non è una farsa, checché ne pensino i follower salviniani.
Ma soprattutto dimostra che la magistratura non è asservita alle logiche di Palamara.
Una narrazione utile a Salvini per delegittimare i propri giudici. Perché così facendo gli andrà sempre bene.
Se lo assolvono, dirà che la verità è venuta fuori e che era un processo politico.
Se lo condannano invece hanno applicato il “metodo Palamara”.
Ma la realtà, come ossevato, è un’altra.
Salvini non la vede.
Ma solo per la sua pochezza umana e politica.