Sandokan non abita qui, diario di viaggio: un angolo del Borneo, dopo guerre e pirati ora c’è pace

Sandokan non abita qui, diario di viaggio: un angolo del Borneo, dove guerre e pirati sono un ricordo, ora c'è pace

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 7 Agosto 2022 - 07:59 OLTRE 6 MESI FA
Sandokan non abita qui, diario di viaggio: un angolo del Borneo, dove guerre e pirati sono un ricordo, ora c'è pace

Sandokan non abita qui, diario di viaggio: un angolo del Borneo, dove guerre e pirati sono un ricordo, ora c’è pace

Sandokan spunta fuori dalla fervida fantasia di Emilio Salgari che ha trascorso tutta la vita tra Verona (dove è nato) e Torino (dove è morto suicida). Uno che il Borneo lo aveva visto solo sulle cartine geografiche.

Ma James Brooke, l’acerrimo nemico della “tigre della Malesia”, è esistito per davvero ed ha trascorso buona parte della sua straordinaria esistenza a Kuching, nello Stato del Sarawak, Borneo Malese.

Salgari lo dipinge come un colonialista crudele e malvagio, ferocemente contrapposto all’eroico Sandokan, signorotto decaduto poi votatosi alla filibusta.

La storia è nota, il pirata, spiaggiato moribondo nei pressi di Labuan (isola oggi paradiso fiscale), si innamora di Marianna Guillnok, nipote del braccio destro del Governatore.

La “perla di Labuan” è una graziosa sedicenne anglo-napoletana che, perfidamente, lo scrittore veneto farà morire giovanissima di colera a Giava, lasciando affranti la tigre e i tigrotti di Mompracen.

Per conquistarla Sandokan muove guerra a James Brooke, descritto come un colonialista sanguinario solo perché aveva deciso di darci un taglio con tutti quei filibustieri che infestavano il mar della Cina. E ostacolavano i commerci di Sua Maestà, la regina Victoria.

In realtà quello nobile di nascita, di animo e di intenti era proprio Brooke, che regnò nel Borneo per 26 anni fino al 1868, quando morì stroncato da tre infarti, uno di meno
probabilmente non sarebbe bastato a mandare all’altro mondo un uomo con quella tempra.

Nato in India, figlio di un alto  magistrato, viaggiò per le colonie dell’Impero di Sua Maestà per anni, alternando ai traffici commerciali quelli politici e diplomatici, fino a diventare il braccio destro del Sultano del Brunei Omar Ali Saifuddin II, che ricompensò i suoi servigi militari con la concessione dei territori di Sarawak e Labuan e gli conferi’ il titolo di “Raja Bianco”, con il diritto di trasmetterlo ai suoi eredi.

Ed infatti furono sette i suoi discendenti, che regnarono fino al 1946, quando l’ultimo, sir Antony Brooke, cedette formalmente, suo malgrado, la sovranità alla Corona britannica. Pur continuando a fregiarsi fino alla morte del titolo di “Raja bianco”.

Gli inglesi avevano liberato il Sarawak dall’occupazione giapponese durata quattro anni e ne avevano fatto una colonia, che tale rimase fino al 1963, quando divenne parte della Malaysia con ampia autonomia, anche costituzionale, tanto che è necessario un altro visto per attraversare i controlli frontalieri giungendo dalla penisola malesiana.

I Brooke, con le loro coltissime mogli, vissero tutti al Fort Margarita, un fortilizio olandese posto sulla riva nord del fiume Sarawak che taglia in due la città.

Il museo di famiglia è sull’altra sponda, all’interno di un interessante complesso architettonico risalente alla metà dell’800, oggi centro culturale polivalente.

Al fianco della struttura c’è un caotico mercato cinese mentre alle spalle si espande Merdeka square, cuore commerciale e amministrativo della città.

Un delizioso museo della tessitura completa l’area più interessante della città.

Proprio di fronte, ancora sulla riva nord del fiume, c’è l’Astana Negeri, oggi sede del Governatore come in passato lo fu della dinastia dei Brooke.

A nord della città di Kuchin, seguendo il fiume Sarawak che via via si arricchisce di molti affluenti, si arriva al delta che sfocia nel mar Cinese Meridionale, dove una splendida foresta pluviale degrada fino alle spiagge deserte di Bako.

Piccole barche veleggiano tranquillamente sul mare sempre leggermente increspato.

Non c’è il rischio di incontrare yacht o velieri da quelle parti.

Su queste acque si vedono navigare solo imbarcazioni dì affabili pescatori aiutati nel lavoro dalle loro donne, una solida e interessante tradizione locale.

Anche se un tempo questo era un mare infestato dai pirati, come del resto l’entroterra lo era dai tagliatori di teste, oggi l’atmosfera è rilassata e piacevole.

Se Sandokan fosse esistito per davvero è molto probabile che si sarebbe scontrato proprio in quel tratto di mare con sir Charles Brooke, che della lotta allo schiavismo e alla pirateria aveva fatto una ragione di vita.

E qualcosa mi dice che le cose sarebbero andate diversamente da come le ha immaginate Salgari.