Sofia, cartolina dalla Bulgaria 30 anni dopo la fine del comunismo, tutto è meglio, dopo il caos e i soldi Nato

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 8 Agosto 2021 - 12:22 OLTRE 6 MESI FA
Sofia, cartolina dalla Bulgaria 30 anni dopo la fine del comunismo, tutto è meglio, dopo il caos e i soldi Nato

Sofia, cartolina dalla Bulgaria 30 anni dopo la fine del comunismo, tutto è meglio, dopo il caos e i soldi Nato

Sofia, 30 anni dopo. Tanto allegra e divertente è Varna, tanto austera e severa appare Sofia. Un milione e settecentomila anime, venticinque secoli di storia, la più antica capitale d’Europa, dopo Roma e Atene.

All’aeroporto di Sofia, alle otto del mattino, il termometro segna già trenta gradi, supererà poi tranquillamente i quaranta, fino a sera. Quando si ricomincerà a respirare  per l’effetto di qualche corrente d’aria che, misericordiosa, viene giù dal massiccio montuoso di Vitosa. Situato nelle immediate vicinanze di Sofia, dove in inverno i cittadini vanno a praticare sci e alpinismo.

Perché, come accade tra i Balcani e il Caucaso, con l’arrivo dell’inverno, le temperature scendono fino a venti gradi sotto lo zero. Una escursione termica paurosa.

Trent’anni fa, quando ci sono stato la prima volta, Sofia era la tipica metropoli appena scampata ai rigori del socialismo reale. Ma già precipitata nel caos di un sistema capitalistico selvaggio e incapace di assicurare adeguate tutele sociali ai più deboli.

Zhikov, il fedele guardiano dell’ortodossia comunista sovietica, che aveva governato la Bulgaria con rigore e commovente unanime “consenso” (da cui la famosa maggioranza “bulgara”), era appena stato arrestato per corruzione, accusa inventata di sana pianta dai suoi “democratici” avversari politici.

Gli stessi gerarchi di Sofia che poi si sono appropriati di tutte le risorse dello Stato, depredandolo

Non c’è stata la rivoluzione di velluto di Praga o di Budapest qui a Sofia. Tuttavia i Bulgari ne erano venuti fuori. Protetti anche dagli Americani che hanno pagato a peso d’oro le basi militari a Sarafovo, sul mar Nero, e a Yambol e Plovdid. Frutto dell’adesione di Sofia alla Nato, avvenuta nel 2004.

Una economia con un discreto tasso di crescita. Azzoppata dal Covid. Che, pur non avendo toccato duramente il Paese, lo ha fatto precipitare in una profonda recessione. Seguita ad un rigoroso lockdown durante il quale l’economia è rimasta completamente ferma.

Sarà per questo che oggi qualsiasi forma di costrizione è mal digerita dalla popolazione.

Nel Paese con il più basso tasso di vaccinati in Europa (10% della popolazione) se giri con la mascherina sembri un marziano.

Si vaccinano solo le classi più benestanti e colte (sospetto: per poter viaggiare), mentre la stragrande maggioranza della popolazione oscilla tra lo scetticismo e il sospettoso complottismo. Alternato al tipico fatalismo balcanico-levantino. Secondo il quale quando è arrivata la tua ora, vaccino o non vaccino, è meglio che ti rassegni. Come ho sentito dire a Varna ad alcuni ragazzi scatenati, sulla spiaggia del mar Nero, in una fantastica danza face to face che pareva un invito al virus a trasferirsi da un ballerino all’altro.

Comunque dopo trent’anni non c’è dubbio che Sofia sia cambiata in meglio

Curati gli ampi viali e giardini, ristrutturati gli antichi palazzi art déco in rovina durante il regime socialista, ristoranti e cucina di alto livello e una ritrovata gentilezza nei giovani che ricordavi non aver colto anni prima.

Le vestigia, urbane e culturali, sedimentate in anni di storia, emergono quasi inaspettatamente nella città.

Per coglierle basta ricordare un vecchio trucco, valido per tutte le città d’Europa.

Seguire le rotaie del tram.

Si può star certi vi porteranno ovunque valga la pena di andare.