Vietnam, i coreani cercano moglie, consumismo vs comunismo..

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 30 Dicembre 2015 - 06:52 OLTRE 6 MESI FA
Vietnam, delta Mekong, il comunismo travolto dal consumismo

Un angolo quieto di un cortile in Vietnam. Fuori il caos del consumismo

HO CHI MIN CITY (SAIGON) – My Tho, Vietnam. Il punto più vicino a Saigon del Delta del Mekong, in Vietnam, dista 75 km ma ci si impiegano 2 ore e più a causa del consueto traffico infernale.
Nel sud est asiatico una strada non comincia né finisce mai per davvero, ma  passa attraversando genti e cose, ininterrottamente.
E’ la vita che scorre come un continuo carosello di colori ed odori e rumori e che incrocia  anche la morte, testimoniata dalle tante tombe che costeggiano la strada, non di rado collocate in mezzo ai campi tra i contadini che si dedicano al lavoro senza curarsi  dei trapassati che giacciono loro accanto.
Il Delta del fiume che è stato teatro della guerra del Vietnamè divenuto un Luna Park perennemente affollato di turisti che arrivano da tutta l’Asia e non solo, andando a sommarsi ad una popolazione di 20.000.000 di abitanti, sparsi per tutta la foce del Mekong.
Ma non sono solo i turisti quelli che arrivano sul fiume oggi.
Insieme a loro infatti, da qualche tempo giungono anche i sensali vietnamiti e coreani  a coltivare il nuovo florido business che prospera tra i canali del Mekong.
Si dedicano infatti alla ricerca di giovani mogli per i coreani che, per qualche misteriosa ragione, soffrono una penuria di donne da marito in patria e si affidano al Vietnam per accasarsi.
Vere e proprie agenzie con sede in Corea, organizzano tour che hanno il solo fine di strappare dalle acque limacciose del Mekong giovani vietnamite perché emigrino con i loro sposi, nella speranza di un futuro migliore che spesso non sarà tale, se è vero l’indice altissimo dei suicidi per malinconia delle giovani spose emigrate.
Al visitatore che giunge senza il pallino di prendere moglie, arriva netta invece la percezione del sovraffollamento, una sensazione che è amplificata dal disordinato sviluppo urbano che ha significativamente cambiato non solo l’orografia ma anche la cultura del luogo.
Come se non bastassero i problemi ecologici causati dalle dighe idroelettriche costruite nello Yunnan (il fiume nasce nel Tibet cinese ed attraversa Laos, Birmania, Cambogia oltre che Viet Nam), ben 29 solo quelle dei cinesi, decine di mega hotel ad innumerevoli stelle affollano il panorama del Delta, provocando una sensazione di vertigine, quasi ti trovassi a Disneyland invece che in Indocina.
Oltre ai figli del Celeste Impero, anche quelli del Sol levante in Viet Nam hanno campo libero negli investimenti ma i costi di questa scelta politica sono altissimi.
Nel tentativo di accelerare lo sviluppo economico, si e’finito per deprimere quello umano.
Gli effetti sono immediatamente visibili, a fronte di un discreto sviluppo economico dell’area, non si contano più gli scempi ambientali e la drastica riduzione dei prodotti acquatici, pesce anzitutto, indispensabile al nutrimento delle popolazioni di 4 stati e 40 milioni di abitanti.
Poca la  cura dello straordinario patrimonio paesaggistico che ha caratterizzato da secoli la foce del Mekong, estesa sino alla Cambogia, distante solo pochi chilometri da My Tho.
Sulle isole antistanti, dove vengono a migliaia dirottati i turisti, popolazioni che da tempo immemorabile hanno vissuto tranquille in quello straordinario contesto naturale, si sono trasformate in canoisti da diporto per scorrazzare i turisti da un isolotto all’altro in uno speedy tour destinato a concludersi con il  solito market di chincaglieria da quattro soldi.
Giovani indigeni si sono trasformati in camerieri nei pessimi ristoranti a menù fisso dove, non prima di averti allietato a morte con i canti tradizionali del posto, servono pasti religiosamente corretti e dunque rigorosamente Halal per le tante famigliole malesi ed indonesiane, musulmani allergici alle delizie di quella che è la straordinaria cucina vietnamita, quando non è servita sulle rive del Mekong.
Resta da chiedersi se è valsa la pena scambiare una così antica ed orgogliosa cultura con questo sconsiderato modello di sviluppo visti i danni già provocati.
Un dubbio che si insinua sempre, quando i paesi in via di sviluppo si trovano al bivio tra i costi futuri che deriveranno ad un ecosistema minacciato ed i benefici immediati dovuti al business avviato senza regole e senza le dovute attenzioni.
Sul Delta del Mekong, i vietnamiti hanno senz’altro optato per questa seconda e più facile opportunità loro offerta.
E per immaginare come era, non resta che rileggersi Marguerite Duras che sul Mekong, dove la madre insegnava, ha vissuto e amato a lungo, descrivendolo come senz’altro non è più oggi.