Coronavirus, strage di preti. Un ateo onora i nuovi martiri della Chiesa di Francesco

Coronavirus. Mia madre buonanima sarebbe stata contenta di avere un figlio prete.

Ma la mia corsa al sacerdozio aveva il fine non secondario di salvarmi dal mestiere di mio padre, il mercato ortofrutticolo. 

Quando i preti, alla fine del ginnasio, mi comunicarono che non mi vedevano vocato alla tonaca, lei se ne fece una ragione e io evitai un lavoro duro e poco redditizio. 

Non avevo la vocazione, ma avevo guadagnato a morsi il diritto al liceo.

La clausura di questi giorni mi ha riportato indietro di 60 anni, non senza ragione.

Guardo con sgomento i morti, medici, infermieri, volontari…Ma quello che mi colpisce di più è il tragico destino di cento preti che fin’ora hanno perso la vita.

Mi colpisce la missione di questi uomini che, con gratuità e per amore di Dio, si donano fino all’estremo sacrificio.

Dove c’è un focolaio che diventerà una strage, loro ci sono, e sono consapevoli del rischio che corrono. Davvero con sprezzo del pericolo.

Lo fanno perchè ci credono. Non credono soltanto in Dio, credono nei loro fratelli fino alla perdità della propria vita.

Nel corso degli anni ho conosciuto preti dei bassi napoletani, missionari in Africa, cappellani degli ospedali e delle carceri, e normali amministratori del Sacro. 

Sono tutti testimoni della fede, cioè Martiri come erano i primi cristiani delle catacombe uccisi perchè credevano nel Dio unico.

Se penso che avrei potuto essere al posto dei preti al tempo del Coronavirus, ringrazio il Padreterno di non avermi vocato abbastanza.

Credo però che, se la Chiesa di Bergoglio oggi è punto di riferimento e di salvezza, lo deve in gran parte ai preti di Bergamo, di Brescia, di Cremona, di Lodi e dell’Italia aggredita dalla pamdemia.

Credo che loro siano i Martiri di oggi, che siano già santi da venerare. 

Non c’è da essere credenti, c’è da credere nelle incredibili capacità dell’uomo.
 

 

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