Monti “salvatore” contro Berlusconi: tanti endorsement, ma i voti?

Mario Monti ci ha preso gusto a credersi salvatore della patria. Ci ha preso gusto al punto che si è convinto a “salvarci” anche nella prossima legislatura. Ma Mario Monti non ha un partito strutturato, diciamo un Pd o un Pdl sia pure a pezzi. Per “salvarci” ha accettato di mettersi a capo di un partito che non c’è, se non nelle intenzioni di Montezemolo, Casini e Fini. Un partito che conta (o conterebbe) sull’appoggio di Confindustria, delle grandi banche, della Cisl, della Convention cattolica di Todi e dei cosiddetti “moderati” che nessuno sa esattamente che cosa sarebbero. Tant’è vero che lo stesso Monti diffida del termine “moderati”, per dividere gli italiani fra conservatori e progressisti, a immagine e somiglianza del suo abbigliamento “inglese”. Dove il progressista è lui e i conservatori sono gli altri.

In teoria, Monti ha dietro di sé mezza Italia, e potrebbe contare sul blocco sociale (industria, ceto medio) che per vent’anni ci ha regalato Berlusconi e che, dopo vent’anni, ha lanciato la guerra di liberazione dell’Italia dal Cavaliere populista. In teoria. In realtà, il primo a sfilarsi dalla compagnia è stato il promotore della “rivoluzione liberale”, l’ennesima, Luca Cordero di Montezemolo. Adesso -cosa fatta capo ha- Monti è al centro di una campagna elettorale furibonda, con colpi incrociati che arrivano da destra e da sinistra, senza risparmio.

Pietro Nenni, dopo le elezioni del ’48: “Piazze piene, urne vuote”

Altro che battute su Brunetta. Messa così, il premier super partes s’è lanciato a testa bassa, rompendo galatei e fair-play, perchè per vincere ci vogliono i voti, e i voti non si conquistano con le freddure inglesi o con le passeggiate in loden. Peggio che Berlusconi, ha occupato spazi radio-tv, al punto che la Commissione di vigilanza ha dovuto suonare la campanella della par condicio.

Un Monti così “prepotente” non se l’aspettava chi non lo conosce, ma dalla Bocconi fanno sapere che se l’aspettavano eccome. L’uomo è determinato, ed è anche preoccupato dai primi sondaggi che lo situano appena al di sopra del 10 per cento, con la metà dei voti che appartengono a Casini. Come dire che i picchi di popolarità del premier in carica sono stati spianati fino al livello del mare.

Come dire che il Monti destinato quanto meno al Quirinale comincia a fare i conti con la realtà. La politica non è freddure e loden ma, come insegna il vecchio Rino Formica, la politica è “sangue e merda”. Formica aveva imparato la politica da Pietro Nenni, lo storico capo del Partito socialista. Nenni, che al tempo era stretto fra De Gasperi e Togliatti, alla fine di una campgna elettorale estenuante e poco fruttuosa per il Psi, fu sentito commentare: “Piazze piene, urne vuote”.

Adesso non ci sono le piazze, ci sono le tv, i facebook e i twitter.

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