Nelle Primarie del Pd, Pierluigi Bersani sperava con qualche ragione di vincere al primo turno; anche Matteo Renzi lo sperava, anche se non aveva molti argomenti per coltivare la speranza. Bersani è il segretario del partito, e la vittoria che l’aveva in tasca, se non fosse spuntato il fenomeno Renzi, che ha praticamente giocato fuori casa. Adesso i due si attrezzano al ballottaggio: Bersani in pole position e Renzi ancora ad inseguire. La differenza la farà Nichi Vendola che sposterà i suoi voti su Bersani, questo è certo.
Certo il ballottaggio è una mezza fregatura per Bersani, ma forse non per il Pd. Il ballottaggio è una bella fregatura, invece, per il Pdl. Nel senso che fino a domenica 2 dicembre, giornali, tv, contenitori vari e blog dovranno necessariamente parlare ancora di primarie del Pd.
Il duello, le liti, gli schieramenti, le curiosità, le mogli, le mamme. Insomma tutto l’armamentario mediatico che, inventato da Silvio Berlusconi, gli eredi di Togliatti hanno fatto proprio, sommandolo al vecchio porta a porta che ha consentito di mantenere la promessa: quattro milioni di votanti. Tutto questo fa notizia, come si dice, al netto degli opinion-maker pronti a saltare sul carro del vincitore. E sì, gli opinion maker si portano avanti col lavoro, si avvantaggiano per il dopo.
D’altronde non è colpa loro se il Pd sembra un partito solo al comando. E non è colpa loro se il Pdl sembra un’automobile guidata da un ubriaco. Il povero Angelino Alfano che continua a parlare di primarie, dopo l’ondata Bersani-Renzi, forse troverà una ragione plausibile per rinunciarvi; finalmente una ragione che non sia la follia di Berlusconi, che ormai parla senza ricordarsi di quello che ha detto il giorno prima. Con questa destra agonizzante, il Pd di Bersani sembra (Dio non voglia) la riedizione della gioiosa macchina da guerra, molto per merito della destra.
Bersani oggi sarà un po’ infelice per non aver vinto al primo turno, lo saranno i suoi colonnelli e i generali anche prossimi alla pensione, perché hanno sottovalutato Renzi e la voglia di cambiamento che viene anche dalla loro base. Renzi sarà un po’ furibondo perché la parola d’ordine -rottamazione- avrà bisogno di tempo e pazienza per non restare semplicemente una parola.
Problemi di crescita. A fronte di una destra che è maggioranza in Parlamento, ma non ha più un leader, non ha più un partito, è praticamente intubata. Una destra dove, in attesa dell’oracolo del vecchio Capo, tutti sono pronti a scendere in campo, e persino Emilio Fede si inventa un partitino, pensando di essere ancora in onda.