Il Coronavirus colpisce ancora, sotto altre forme. Può dare alla testa anche, e molto pesantemente. Il formicaio impazzito della politica ci offre ogni giorno qualche spartito di grande godibilitá.
Salta all’occhio l’esempio quotidiano del Salvini che, come Martino, per un punto perse la cappa dei pieni poteri. Il leader leghista cavalca tutto e il contrario di tutto, contando sulla memoria corta dell’italiano medio.
Non c’è da stupirsi. Un ragazzotto allevato al Leon Cavallo cresce con qualche estremismo in testa. Che sia di destra o di sinistra, poco importa, purché sia unico e non imitabile. Lui è unico in quasi tutto.
Dopo l’ossessione per i migranti e i comizi rosari in mano, continua la sagra anti-Europa. La quale, però, deve darci soldi senza condizioni e non romperci le scatole. Tant’è che in Europa non lo prendono sul serio neanche i suoi amici sovranisti.
Ma l’uomo non finisce di stupire. Gira col un cilindro rovesciato dal quale estrae il quotidiano coniglio del “venghino, signori, venghino…” Il comune senso del pudore non gli fa ombra, anzi gli fa un baffo.
Vista la coerenza del personaggio, l’ultima esternazione non stupisce o meglio non mi stupisce. Un colpo di magica bacchetta e il povero Enrico Berlinguer, buonanima, si ritrova padre adottivo del Salvini.
Il Nostro ha portato la casa romana dei leghisti in via delle Botteghe Oscure, non per caso o perché costa poco (diciamo così). Ma per riprendere la strada di Berlinguer, uomo che amava il popolo. Un colpo da statista.
Gli indignati lo spernacchiano, i fedeli battono i tacchi. I più giovani non sanno chi fosse Berlinguer. Qualcuno spieghi al Matteo leghista che Berlinguer era comunista. Un po’ meno di Togliatti, ma comunista.
Ora non mi aspetto di vedere Salvini ai cancelli delle fabbriche, come Berlinguer al tempo la Fiat. Più probabilmente lo vedremo presto al Papete, canottiera e petto in fuori, fondatore e leader indiscusso del Partito comunista da spiaggia.