Angela Merkel, la “signora Biedermeier” che ha anestetizzato la Germania

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 21 Maggio 2013 - 10:21 OLTRE 6 MESI FA
Angela Merkel, la "mamma" che ha anestetizzato la Germania

Angela Merkel ed Helmut Kohl nel 1991. Lui cancelliere, lei ministro della Gioventù (Archivio LaPresse)

BERLINO – Angela Merkel è cancelliere dal 22 novembre 2005. Dopo otto anni sotto il suo governo per la Germania non si parla più di “cura Merkel” o di “fase Merkel”: si può usare ormai il termine di “era Merkel”.

Come ne esce il Paese? Fortemente anestetizzato, con poca voglia di essere disturbato dalla dialettica democratica. Come un uomo stanco che è rincasato e si è buttato sul divano per lobotomizzarsi davanti alla tv prima di addormentarsi.

Ecco perché Frau Merkel può essere ribattezzata la “signora Biedermeier”. Biedermeier è la parola che meglio può descrivere i suoi due mandati alla guida dell’economia più forte d’Europa. L’ha usata il suo rivale alle prossime elezioni di settembre, il candidato Spd alla cancelleria Peer Steinbrück. Ma ancora prima l’hanno introdotta nel dibattito giornali e tv.

Che significa Biedermeier? È un termine dispregiativo. Bieder vuol dire semplice, sempliciotto (ma anche onesto). Meier è uno dei cognomi tedeschi più diffusi. Il Biedermeier era il piccolo borghese poco interessato alla politica, generalmente conservatore, rintanato nella vita familiare. Biedermeier fu chiamato quel periodo di “riflusso nel privato” della Germania fra il Congresso di Vienna (1815) e il rivoluzionario 1848. La censura silenziava i giornali di liberali e nazionalisti. Polemiche, proteste e rivendicazioni dovettero cedere il passo a una sonnecchiante voglia di normalità.

Infatti l’uso più diffuso del termine Biedermeier è riferito a uno stile di arredamento che fu fedele interprete di quei tempi: l’opposto dello stile Impero, privilegiava la sobrietà e la funzionalità eliminando decori ed eccessi. Un design triste, ma funzionale alla produzione su ampia scala che la Rivoluzione industriale richiedeva.

La Germania di adesso non ha problemi di censura o di restrizione delle libertà democratiche. Ma “Mamma Merkel” ha saputo sfruttare quella voglia “Biedermeier” dei tedeschi per ipnotizzarli, mettendoli in condizione di ritenere inutile o dannosa l’espressione di una qualsiasi forma di dissenso.

Del resto Angela Dorothea Kasner, nata il 17 luglio 1954, è cresciuta in una scuola di pensiero basata sul consenso, dove i contrasti erano visti come improduttivi: la DDR, la Repubblica democratica della Germania Est. E si può dire che la signora Merkel si sia abituata a fatica alle contrapposizioni senza fine che caratterizzano, di norma, la politica in democrazia.

La Merkel evita come la peste lo scontro frontale (cosa tipica non solo dei tedeschi dell’est ma anche del suo segno zodiacale, il cancro). Evita di prendere posizioni nette su tutto quello che può essere “divisivo”, per usare un aggettivo molto in voga nell’Italia della Grosse Koalition.

Sta conducendo una campagna elettorale felpata, un po’ alla Bersani – non è beneaugurante come paragone, attenta a non disturbare gli elettori, dopo aver loro insegnato per anni che non essere disturbati è un bene primario. Poi viene tutto il resto.

Così, in silenzio, la signora Biedermeier confida in una affluenza molto bassa. Nel 2009 – le uniche elezioni che la Merkel abbia vinto veramente, nel 2005 finì in pareggio – fu il minimo storico di votanti: 70%.

Anche perché in realtà sa che sono pochi quelli che abbiano motivi per preoccuparsi o arrabbiarsi su come lei stia governando.
Distribuisce benefici ai pensionati e alle famiglie. Un poco di zucchero per i tedeschi mentre fa ingoiare pillole amare a tutti gli altri europei, con le politiche di austerity di cui è paladina.

Ma siccome (in patria) non offende nessuno, i suoi indici di gradimento sono sempre molto alti. È riuscita a far passare il concetto che le politiche che ha perseguito politiche erano l’unica opzione possibile. Ha creato così un clima nel quale ha incastrato la Spd, che non si è azzardata a disturbare il manovratore perché non voleva mettersi contro un cancelliere che era riuscito a “vendersi” come interprete dell’interesse nazionale.

A sedare la dialettica fra governo e opposizione ha contribuito anche il fatto che i principali candidati socialdemocratici – Frank-Walter Steinmeier nel 2009 e Peer Steinbrück nel 2013 – erano stati colleghi della Merkel nella Grande coalizione, il primo come ministro degli esteri, il secondo come ministro delle finanze.

Così “frau Biedermeier” è riuscita nell’impresa di non attirarsi grandi proteste, senza però mai suscitare particolare entusiasmo. Tutto molto calmo, così come vuole lei. La gente rimane in casa a leggere Landlust, una  rivista diventata molto popolare: racconta storie di vita rurale e di felicità domestica.

Alla tranquillità generale ha contribuito senza dubbio il fatto che la Merkel e i suoi ministri sono finora riusciti a evitare al Paese le spiacevoli conseguenze della crisi finanziaria. Diversamente da quanto succede nel Sud dell’Europa, dove aumentano a dismisura i disoccupati, in Germania l’economia è in crescita e redditi sono in aumento. Una differenza che innesca un po’ di sciovinismo. Che la Merkel interpreta quando rifiuta gli eurobond e pone continuamente dei limiti alla solidarietà con i partner europei.

È convinta che se gli altri stati Ue adottassero gli standard di stabilità ed efficienza della Germania, l’Europa sarebbe più forte. Quindi non c’è bisogno, per lei, che sia più unita. E poco importa se la cura che lei propone è tutt’altro che omeopatica e sta facendo sanguinare le economie e il tessuto sociale di mezzo Continente. La cancelliera pensa che se la Germania comanda a Bruxelles potrà conservare la sua influenza nel mondo. In un Paese che – visti i precedenti storici – ha sempre paura a rivendicare il suo ruolo nello scacchiere internazionale, il Deutschland über alles di cui la Merkel si è fatta alfiere incontra i favori dell’elettorato.

Non scontenta nessuno, insomma, a differenza di tutti i suoi predecessori. Si legge su Der Spiegel che

“tutti i cancellieri che sono rimasti in carica a lungo hanno avuto un effetto polarizzante: Konrad Adenauer (Cdu) con il suo conservatorismo e la politica di alleanze con le potenze occidentali; Willy Brandt (Spd) con le sue riforme democratiche e sociali e la Ostpolitik volta a normalizzare le relazioni con i paesi comunisti dell’Europa orientale; Helmut Schmidt (Spd), con la sua arroganza e il riarmo; Helmut Kohl (Cdu), per aver continuato il riarmo, per lo slogan “svolta intellettuale e morale” e per tutta la sua persona, Gerhard Schröder (Spd) per il pacchetto di Agenda 2010 col quale ha riformato il mercato del lavoro e il sistema del welfare”.

Mamma Merkel, la signora Biedermeier, è riuscita a tenere unito il Paese, ma a costo di diffondere la mentalità che sia meglio vivere tranquilli che partecipare alla vita politica. Ma una democrazia si nutre di conflitti, di cittadini appassionati e non addormentati. La calma è la “virtù” delle dittature, che prosperano sulla paura e sulla passività generale. Una Germania in letargo: l’eredità che lascia la Merkel non è un grande regalo per i tedeschi e per l’Europa.