Big Data: grande affare, grande rivoluzione o Grande Fratello?

Big Data: grande affare, grande rivoluzione o Grande Fratello?
“Big Data”, il libro di Kenneth Cukier e Viktor Mayer-Schönberger

LONDRA – Big Data, prendete nota: è il titolo di un libro ed è anche la parola chiave di una questione “vecchia” come internet. Cosa ne sarà di noi, in un mondo digitale e connesso dove tutto ciò che facciamo viene tracciato e registrato e dove tutto ciò che faremo viene calcolato, previsto e in qualche modo provocato?

Big Data – a revolution that will transform how we live, work and think, “Big Data, una rivoluzione che trasformerà il modo in cui viviamo, lavoriamo e pensiamo” autori Kenneth Cukier e Viktor Mayer-Schönberger. Il primo occupa l’inedito ruolo di “data editor”, “caporedattore dei dati” nel settimanale Economist, il secondo insegna “internet governance” all’università di Oxford.

Il saggio di Cukier e Mayer-Schönberger non scopre ma divulga il fenomeno Big Data del quale gli esperti parlano già da anni e che negli ultimi tempi è stato sulle prime pagine di autorevoli riviste specializzate (l’americana Foreign Affairs, l’inglese New Statesman).

Non parliamo di materiale da convegno di illuminati ma di qualcosa che fa parte della vita quotidiana di tutti. Big Data ci segue ogni volta che facciamo una ricerca su Google, ogni volta che i “cookies” immagazzinano informazioni sui siti che esploriamo su internet, ogni volta che compriamo un oggetto o un biglietto online, in ogni acquisto che facciamo con la carta di credito o con la carta sconto del supermercato, in ogni momento in cui lo smartphone che abbiamo addosso ci rende localizzabili e traccia i nostri spostamenti.

“Big Data”. “Big” come Big Brother, il Grande Fratello che tutto controlla nel romanzo 1984 di George Orwell. “Big” come Big Pharma e Big Tobacco: una grossa “lobby dei dati” come già c’è per la farmaceutica, il tabacco, le armi. “Big” come la grande mole di informazioni raccolta (si stima 2,5 trilioni di dati al giorno) e i grandi numeri sui quali gli algoritmi lavorano per classificare e prevedere i nostri comportamenti.

 

“Big” come il grande punto interrogativo sull’uso che aziende e governi potranno fare di quest’enorme massa di impronte digitali: invasione della privacy? Mappatura delle nostre esistenze minuto per minuto, clic dopo clic? Laboratorio per dittature del 22° secolo? Cukier e Mayer-Schönberger sono più ottimisti e preferisce concentrarsi sulle opportunità piuttosto che sui problemi.

La data revolution, spiegano i due autori, è Google che prevede dove scoppierà la prossima epidemia di influenza incrociando un miliardo di richieste sul suo motore di ricerca. È l’Europa che potrebbe sfruttare la massa di informazioni che possiede per arrivare a risparmiare fino a 100 miliardi di euro all’anno. È il ribaltamento del metodo tradizionale della ricerca scientifica: non si parte da un campione di dati ma da tutti i dati, non si pesca con la lenza ma si va a strascico, non si cercano cause ma correlazioni.

Quanto al rischio per la privacy, l’entusiasta Cukier – intervistato dallo stesso settimanale per cui lavora – ha spiegato che “Big Data lavora sulle percentuali, non sugli individui. Sui grandi numeri, non sui dati personali”.

Saremo degli zero-virgola in un oceano di terabyte, dei plancton nella pancia della balena dei motori di ricerca. E questa è la prospettiva più ottimista.

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