ROMA – Un nuovo partito di sinistra potrebbe nascere con un tweet, questo: “Incomprensibile che il Pd non appoggi Stefano Rodotà o non proponga Emma Bonino”: lo ha scritto su Twitter il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca, giusto prima dell’inizio della sesta votazione per l’elezione del presidente della Repubblica. Una scelta di rottura, dopo l’assemblea in cui il Pd, con solo quattro astenuti e un contrario fra i suoi grandi elettori, aveva approvato la decisione di ricandidare Napolitano.
Nella stessa direzione un altra comunicazione congiunta su facebook di Maurizio Landini (segretario della Fiom) e Sergio Cofferati (ex segretario della Cgil): “Quello che sta accadendo segna il declino della politica. Bisogna cercare di invertire questa tendenza. Quella di Stefano Rodotà è una candidatura di alto profilo, in grado di rappresentare adeguatamente il Paese anche a livello europeo e internazionale. Il lavoro e i diritti che gli danno dignità, il valore della cittadinanza e i fondamenti della Costituzione sono da sempre parte rilevante della sua cultura. È ora di scegliere un Presidente in ragione del suo profilo e non come derivato da accordi politici o di schieramento”.
Tutto poco prima dell’inizio di una votazione che, per la prima volta in 60 anni di Repubblica, ha riconfermato un presidente in carica. Giorgio Napolitano aveva sulla carta 790 voti, gliene bastavano 504: ne ha presi 738.
Nella fronda pro-Rodotà, Barca (che però non vota) si somma a Vendola. Bisognava tenere d’occhio quindi i voti che avrebbe preso Stefano Rodotà: Grillo + Sel facevano 207. Un quarantina di voti in più avrebbero visto profilarsi un’anima “sinistra” del Pd pronta alla battaglia in vista del congresso. Un centinaio di voti in più avrebbero battezzato la nascita di un nuovo partito, inglobando anche Vendola. Qualcuno lo ha già chiamato “Rifondazione Democratica”. Ma alla fine i voti in più per Rodotà sono stati solo 10.
Quello che è certo dopo il terremoto politico nel quale sono state sbriciolate le candidature al Quirinale di Franco Marini e Romano Prodi, la segreteria di Bersani e i vertici del Pd, è che l’alleanza “Italia. Bene comune” si è dissolta. Ma si sta sciogliendo anche il Partito Democratico, forse un partito mai nato. A “sinistra” di Berlusconi si stanno coagulando due poli: uno intorno a Matteo Renzi, l’altro, forse, intorno a Barca e al suo corposo manifesto programmatico. A maggio ci saranno due congressi: quello del Pd (primi di maggio) e quello di Sel (8 maggio). Potrebbero diventare due funerali e un matrimonio.
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