ROMA – L’ultimo no è stato quello di Beppe Grillo: l’ultima porta in faccia sbattuta al neo sindaco Ignazio Marino, che a 15 giorni dalla sua elezione e a 13 dalla sua proclamazione prova a formare una giunta. Il tempo a sua disposizione non è molto: il primo luglio è convocato il primo consiglio comunale e non sarebbe una gran figura arrivarci senza una squadra di assessori in tasca. Per ora al juke-box Campidoglio le hit sono “C’è chi dice no” e “Senza una giunta”.
È stato un percorso a ostacoli, iniziato (in bici) sotto le insegne del metodo-Zingaretti: una giunta fatta quasi tutta di tecnici, coerente con una campagna elettorale apartica e un po’ antipolitica. Il Pd è rimasto sulla riva del fiume a guardare Marino incassare il no della regista Cristina Comencini, del direttore di Radio3 Marino Sinibaldi.
Quando poi il neo sindaco ha deciso di andare a pescare fra i “politici”, ha incontrato rifiuti ancora più pesanti. Il primo è stato quello del sottosegretario di Enrico Letta (con delega all’editoria) Giovanni Legnini, che dopo lunga riflessione ha così spiegato il suo no: “Per non lasciare il lavoro avviato nelle importanti deleghe affidatemi dal presidente Letta, per non privare la mia regione, l’Abruzzo, dell’unica rappresentanza di governo”. Forse, oltre all’affetto per l’Abruzzo, sulla decisione di Legnini avrà influito anche il timore di mettere le mani su un bilancio che solo nel 2012 ha accumulato un miliardo e 200 milioni di perdite.
Quindi Marino ha proposto alla renziana Lorenza Bonaccorsi l’assessorato al Turismo. Una mossa per riequilibrare a destra una giunta che si annuncia sbilanciata a sinistra. Anche la Bonaccorsi ha detto no, restando al suo posto di parlamentare “candidata con le primarie del Partito Democratico, cui hanno partecipato un milione di persone. Penso che la politica vada presa seriamente, il che soprattutto significa portare avanti il lavoro affidato”. Insomma no.
Un lavoro che non fa più gola, quello dell’assessore di una metropoli piena di problemi e sull’orlo di una crisi di bilancio. Oltretutto non così ben pagato come una volta, in tempi di spending review sui costi della politica.
Allora Marino si è rivolto ai neofiti, ai consiglieri del Movimento 5 Stelle capitanati dal candidato sindaco Marcello De Vito: “Indichino un nome per la giunta, una donna, per l’assessorato alla Sicurezza”. Proposta in realtà non malvista dai grillini romani, che hanno lanciato anche un referendum online per rispondere a Marino. Referendum nel quale hanno prevalso i sì. Poi però è arrivato il “no” nazionale, firmato Grillo-Casaleggio.
L’ultima via praticabile? Un misto tecnici-politici e donne-uomini, in un difficile gioco di equilibri fra le mille correnti del Pd. Il vicesindaco non sarà una lei, come inizialmente promesso, ma in giunta ci saranno sei quote azzurre e sei quote rosa. Allo stesso modo ci saranno sei tecnici e sei politici.
I nomi più papabili sono: il navigato Luigi Nieri (Sel) vicesindaco (forse) e assessore al bilancio (più probabile). La parlamentare dalemiana Marta Leonori dovrebbe riempire la casella lasciata libera dalla Bonaccorsi al Turismo. Paolo Masini (Pd) a Lavori Pubblici e Periferie, Daniele Ozzimo (Pd) alla Casa, Estella Marino (Pd) all’Ambiente. La “tecnica” Flavia Barca, sorella dell’ex ministro Fabrizio, alle Politiche culturali. Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano Paralimpico (già commissario Fgci) all’inedito Assessorato agli Stili di vita e allo Sport. La fedelissima di Marino Alessandra Cattoi a Scuola e Politiche sociali. Un altro fedelissimo, Roberto Tricarico, dovrebbe abbandonare il suo posto al consiglio comunale di Torino per entrare in giunta a Roma. La veneziana Marina Dragotto all’Urbanistica è un’ipotesi che fa discutere, visto che la Dragotto ha firmato per Alemanno il “Protocollo della qualità urbana di Roma Capitale”, quello delle grandi opere mai realizzate come il Waterfront di Ostia e la ricostruzione di Tor Bella Monaca. Per questo forse le verrà preferito Giovanni Caudio, docente di Urbanistica all’Università di Roma. Ai Servizi sociali Rita Cutini, area Comunità di Sant’Egidio e candidata non eletta alla Camera per Scelta civica di Monti. A completare in una mossa le quote rosa e le quote pd, si è fatto anche il nome di Marianna Madia.
Nel 2008 Gianni Alemanno ci mise venti giorni a completare i nomi di una squadra di assessori poi non memorabile. A Parma Federico Pizzarotti ce ne ha messi 43. Marino, se vuole “liberare Roma”, deve seguire il motto di Augusto: Festina lente, “affrettati lentamente”. Insomma: non nominare il primo che passa, ma non ci mettere una vita.