Attentato a Nizza: siamo in guerra, più poteri ai servizi di antiterrorismo

Attentato a Nizza: siamo in guerra, più poteri ai servizi di antiterrorismo, chiede Giuseppe Turani (nella foto)
Attentato a Nizza: siamo in guerra, più poteri ai servizi di antiterrorismo, chiede Giuseppe Turani (nella foto)

Attentato a Nizza: siamo in guerra, più poteri ai servizi di antiterrorismo, chiede Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business.

La facilità di uccidere. Un camion, un fucile, un esaltato, e ci sono 80 morti sulla strada, in una sera di festa, in una città pacifica della Francia. Nessuna grande organizzazione, nessun complotto. Ma, alle spalle di tutto ciò, la fredda e criminale decisione di una parte dell’ Islam di fare comunque tanti morti in Occidente, tutti quelli che è possibile fare. Il resto, tragicamente, viene da sé, in modo automatico. E i morti si allungano lungo i bordi delle strade, delle discoteche, dei campi di calcio, delle metropolitane.

Ci si può chiedere perché questo accanimento contro la Francia, che sembra essere il bersaglio preferito dell’Isis. E le risposte che qualunque specialista vi può dare sono tante. La prima, se volete, è che i terroristi i francesi li hanno in casa: non devono nemmeno importarli. Quando fa buio, prendono l’arma, escono e fanno il  disastro.

La seconda spiegazione è che la Francia è stata rapida nel bombardare le postazioni dell’Isis, insieme a altri, e l’ Isis gliela vuole far pagare.

La terza spiegazione è che ormai anche i terroristi hanno capito che in Francia possono fare un po’ quello che vogliono. In un certo senso è la loro patria, perché ci vivono, ne conoscono usi e costumi e poi sanno che i servizi di intelligence e di protezione sono più di facciata che altro. La Francia è il paese che ha inventato lo Stato moderno, governano i  socialisti e sono tutti molto corretti, rispettosi delle leggi. Così rispettosi che ogni due mesi devono contare i morti a decine.

Ma il problema non è la Francia, il problema è che uccidere è facile e che andranno avanti. Colpiranno dove gli sembrerà opportuno. Non facile, opportuno. Perché oggi, per loro, è facile ovunque. Non si può nemmeno escludere qualche raffinato disegno, nato in qualche mente terroristica sotto le bombe in Siria: martellare la Francia fino a quando salta tutto per aria, stop alla democrazia, avanti le destre. E’ uno schema già usato moltissimi anni fa in Algeria. Alla fine ci vollero i paracadutisti del generale Massu per riportare un po’ di ordine. Ma poi venne anche il generale  De Gaulle.

Ma, si diceva, il problema non è  la Francia. Il problema è che questo Islam, con il suo corteo di tragici terroristi, è molto diffuso, è pieno di soldi (chi li paga? Gli stessi che comprano le nostre aziende? Gli amabili sceicchi con il portafoglio infinito?) e soprattutto ha capito che, a forza di allineare morti lungo le strade, può anche vincere. Nel senso che può obbligare l’Occidente a mutarsi, a diventare un solo  immenso stato di guerra. Con garanzie democratiche sospese e un futuro politico imprevedibile oggi.

Ecco, prima di arrivare a tanto bisogna fare qualcosa. Ma cosa? La risposta non è complicata. Complicato sarà farlo. Le guerre sono due. La prima consiste nello spazzare via quello che resta dell’Isis in Siria e Iraq. Non devono più avere un metro quadrato di territorio dove riunirsi, pianificare, nascondere armi e esplosivi. E’ una cosa che andava fatta fatta mesi, anni fa. Siamo in ritardo, ma l’Occidente ha i mezzi per riuscirci. L’Isis deve essere spazzata via, cancellata dalla storia, così  come è  stato fatto per Osama Bin Laden.

La seconda guerra da fare è più insidiosa. È la guerra interna. Tutte le Costituzioni sono belle e tutti godono di uguali diritti civili. Ma, nel frattempo, i controlli possono diventare davvero controlli. I servizi segreti o i nuclei antiterrorismo vanno potenziati e dotati di una certa larghezza di vedute. Non esiste altro modo. Prendere i terroristi “dopo” serve a poco, ce ne sono moltissimi altri in fila, pronti, con il fucile e l’esplosivo sotto il letto, magari sotto il letto dei bambini insieme ai loro giocattoli. Vanno presi e resi inoffensivi “prima”. E questo lo possono fare solo i servizi segreti e i nuclei antiterrorismo, se lasciati abbastanza liberi di agire.

Infine, insieme a queste due guerre, c’è una scelta di tipo politico generale. Dobbiamo chiarire i nostri rapporti con il mondo dell’Islam. Oggi abbiamo rapporti ambigui. Facciamo affari e giochiamo a monopoli con gli stessi che, presumibilmente, armano quelli che poi vengono a ammazzare lungo le nostre strade. Questa cosa va chiarita. Chi ospita, aiuta, incoraggia, finanzia il terrorismo islamico va messo nella lista degli stati canaglia, che va allungata di molto. E le sanzioni devono essere durissime. La vita ordinaria, in uno stato canaglia, deve diventare impossibile: niente gite in Occidente, niente studi, niente medicine, niente viveri, niente affari.

Non sarà semplice, ma  non possiamo continuare a ospitare ambasciate di gente che poi, di nascosto, arma quelli che prendono un camion e fanno 80 morti lungo le strade.

Insomma, il pranzo di gala con questi signori deve finire. Tutto qui.

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