“Banche italiane meglio delle tedesche”: Renzi ha ragione?

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 22 Dicembre 2015 - 15:27 OLTRE 6 MESI FA
"Banche italiane meglio delle tedesche": Renzi ha ragione?

“Banche italiane meglio delle tedesche”: Renzi ha ragione?

ROMA – Le banche italiane sono più solide tedesche ha detto Matteo Renzi e tanti hanno pensato a una delle sue spacconate da imbonitore delle valli fiorentine. Ora lo conferma Giuseppe Turani, che di sicuro renziano non è, quanto meno in modo cieco e acritico, in un articolo pubblicato su Uomini & Business col titolo: Banche nella bufera.

Renzi ha parlato il 15 dicembre e ha detto:

“Fino a 3 anni fa si potevano mettere soldi per rafforzare banche. La Merkel ha messo 247 miliardi di euro. I governi precedenti in Italia hanno deciso di non farlo ma, nonostante il livello medio, le banche italiane ora sono più solide di quelle tedesche”.

Poi ha minacciato:

“Ci sono troppi Cda, troppi direttori generali e troppi consulenti. Le banche vanno accorpate e lo faremo a partire dalle banche di credito cooperativo. È arrivato il momento di dire che ci sono stati troppi che hanno giocato a fare i piccoli banchieri”.

Vana finora è stata la battaglia di Mario Draghi per condurre sotto la sorveglianza della Bce anche le piccole banche tedesche.

Giuseppe Turani ha approfondito la battuta, che non è una battuta ma la verità:

Le banche italiane sono sicure? Ci si può fidare a lasciare nei loro forzieri i nostri soldi? La risposta è sì, con qualche avvertenza. In Italia, come altrove, peraltro c’è una lunga tradizione di piccole banche locali, “legate al territorio”, si diceva una volta. Negli Stati Uniti e in Giappone queste banche stanno saltando per aria come birilli. E anche in Germania, paese severo e attento, il potere pubblico è dovuto intervenire per salvare le banche regionali. In Italia ne sono appena saltate quattro e c’è una lista abbastanza lunga di altre banchette che devono esser commissariate perché i conti sono preoccupanti.

Ma perché queste piccole banche vanno in crisi? Le ragioni sono due. Intanto, c’è il fatto che di solito finanziano aziende del territorio: in questi anni di crisi parecchie di queste aziende sono fallite, lasciandosi dietro una scia di debiti e di finanziamenti bancari non restituiti. E questo spiega perché stanno crollando una dopo l’altra le piccole banche: sono falliti quelli a cui hanno dato i soldi.

Le grandi banche possono investire in diversi luoghi del pianeta e quindi possono bilanciare un po’ i rischi. La piccola banca regionale non ha questa possibilità. E quindi quando c’è crisi (Veneto, Marche, Arezzo, ma non è finita qui) anche le banche falliscono o attraversano grossi guai.

Circola, ad esempio, un lungo elenco di banche prossime a essere commissariate e basta scorrerlo per vedere che si tratta appunto di banchette.

La seconda ragione per cui queste banchette locali fanno crack è che di solito sono gestite in modo familistico: i soldi si danno agli amici e agli amici degli amici. Molte volte anche senza garanzie adeguate.

Ma quelle grandi, almeno, sono sicure? Si, con qualche precisazione. Sicurissimi sono i depositi, cioè i soldi che avete sul conto corrente. Anche in caso di crack, se avete meno di 100 mila euro, depositati i vostri soldi sono garantiti. Al di sopra dei 100 mila euro, anche i depositanti, in caso di fallimento, partecipano al salvataggio della banca.

Ma, di nuovo, sono sicure? Oggi si calcola che i crediti in sofferenza (che non verranno mai restituiti, cioè) delle banche italiane ammontino a  circa 200 miliardi. E comunque si pensa di infilarli tutti in una bad bank, in modo da liberare i bilanci delle banche da queste sofferenze.

Secondo me, la cifra di 200 miliardi è quasi certamente falsa: sono molti di più i crediti in sofferenza. E questo perché i banchieri non amano ammettere che hanno prestato soldi a gente che poi è fallita. E quindi si ostinano a considerare buoni anche i crediti che andrebbero segnati fra quelli ormai inesigibili. Non è comunque grave: alla peggio si farà un bad bank più grande.

Riassumendo: le grandi banche italiane sono solide, non hanno in portafoglio grandi quantità di titoli marci e nemmeno troppi crediti inesigibili. I depositanti sono garantiti. Azionisti e obbligazionisti noti, ma questo accade in qualunque azienda.

Ecco comunque  l’elenco delle banche e degli intermediari finanziari a rischio commissariamento.

BANCHE

1. Istituto per il Credito Sportivo
2. BCC Irpina Soc. Coop.
3. Cassa di risparmio di Loreto S.p.A.
4. Banca Padovana Credito Cooperativo
5. Cassa Rurale di Folgaria Bcc Soc.Coop.
6. Banca Popolare delle Province Calabre Soc.Coop.Per Azioni
7. Banca di Cascina Credito Cooperativo Soc.Coop.
8. BCC Banca Brutia Soc.Coop.
9. BCC diTerra D’Otrant Soc.Coop.
10. GBM BancS.p.A.
11. Gruppo Bancario Mediterraneo S.p.A.

INTERMEDIARI NON BANCARI
1. Medioleasing S.p.A.
2. Commercio e Finanza S.p.A.
3. EstCapital S.g.r.S.p.A.
4. Prisma S.g.r. S.p.A.