Banchi di scuola, elegia per Lucia Azzolina (nella foto): salviamo la memoria dei graffiti Banchi di scuola, elegia per Lucia Azzolina (nella foto): salviamo la memoria dei graffiti

Banchi di scuola, elegia per Lucia Azzolina: salviamo la memoria dei graffiti

Stanno arrivando i nuovi banchi di scuola. Andranno a sostituire l’attuale arredo ormai obsoleto.

Non saranno certo i banchi di Garrone e Franti, ma questi rottamati hanno ugualmente una loro storia da raccontare. Chissà quante classi di studenti sono passate da queste sedute. È qualche giorno che ci penso. Questa dei banchi non è solo una questione politica o sanitaria.

Mi capita di passeggiare e di leggere una scritta sul muro di un palazzo. È bianca, va un po’ storta ma si legge bene, “Mi lasci per lui”, senza punto di domanda. Finché non verrà cancellata, rimarrà lì. Ecco, l’uomo scrive anche per consegnare la storia, qualunque essa sia, al futuro. Ogni frase è vissuto.

A questo punto, prima di andare avanti, occorre una puntualizzazione. Imbrattare i muri è un gesto deplorevole. Lo è anche scrivere sui banchi di scuola. Detto questo però, a molti sarà capitato di sedersi in un banco con qualche scritta.

Ma, ve le ricordate? Per quelli della mia generazione – over 45 – ce n’erano di due tipi. Quelle scritte e quelle rigate nel legno. Le prime meno ambiziose, facilmente cancellabili. Le seconde miravano all’immortalità, solo la sostituzione del banco l’avrebbe sconsacrate.

  I temi variavano, ce n’erano per tutti i gusti. Se chiudo gli occhi e provo a ricordare, qualcosa mi arriva ancora. Ci avete pensato che con i banchi perderemo anche loro? Un mare infinito di parole che svuoteremo in discarica.

Non soffro della sindrome da antropologia del banco di scuola. Però penso che alcune di quelle scritte custodiscono qualcosa di «storico».  Cosa sono se non espressione di generazioni nel loro tempo migliore, la giovinezza?

Non sto dicendo che è  in ballo la memoria del Paese, non parlo di questo. Cerco solo di affermare che dietro quelle frasi c’è molto di più di quel che immaginiamo. La storia di un Paese si trova anche negli angoli più nascosti, non solo nei grandi eventi.

Basterebbe poco, una macchina fotografica, raccogliere le migliori e magari una mostra itinerante, città dopo città.

L’Italia è sinonimo di cultura. Siamo i primi al mondo. Utilizziamo le nostre risorse artistiche per salvare questo patrimonio di piccoli mondi che altrimenti andranno perduti.

La questione dei banchi di scuola non è solo politica e sanitaria, ma anche culturale, sociale e di costume. Certo, le priorità sono altre ma l’importanza è la medesima. Può esistere una progettualità che tenga legate le piccole cose alle grandi?

La capacità di guardare al futuro passa anche da questi snodi. Siamo dentro una crisi drammatica. Il Covid accelera le dinamiche del sottosviluppo. Se dimentichiamo cosa siamo stati, il futuro diventa chimera. Occorre ristabilire un legame con il passato. Le grandi e piccole storie, ovunque esse siano, in qualunque modo e forma tramandate.

Garrone e Franti ad esempio non se li ricorda più nessuno. Ma “Il futuro ha un cuore antico” scriveva Carlo Levi. La dimensione sociale viene meno nello smarrimento che viviamo. “Il crollo e la scomparsa dell’universo che abbiamo chiamato sociale” direbbe il sociologo Alain Touraine.

In un continuo di rimbalzi tra il fuori ed il dentro della società, rischiamo di perdere cittadinanza.  Ed è proprio a questo bisogno di società che dobbiamo guardare. Un sentimento che cerca pace nei legami che uniscono un Paese. 

Se la Costituzione sta alla radice, il sociale è il luogo nel quale ci ritroviamo. La scuola non può che stare in questo ragionamento, spazio di conquista della libertà. Una libertà che si nutre di regole e formazione.

Ed è per questo che quelle frasi hanno importanza ed andrebbero salvate. Sui banchi di scuola abbiamo lasciato qualcosa di noi, le nostre vicende, quelle del Paese. Forse anche l’espressione più ingenua ma sicuramente la più vera. Ancora una volta siamo quindi a fare i conti con le parole. In questo caso scritte, assemblate senza misura, ancora acerbe.

Parole giovani, adolescenti, giuste, sbagliate, forse sprecate, talvolta irriverenti. Alcune anche dimenticate, da ritrovare. Una ricerca alla quale indirizzare risorse, economiche ed intellettuali. In questo articolo mi domando se esista una progettualità che tenga unite le piccole cose alle grandi.

Il viceministro dell’Istruzione Anna Ascani dichiara al Corriere della Sera che “purtroppo quest’anno si sommano criticità storiche e problemi legati alle precauzioni anti-Covid”.  Sono proprio quelle “criticità storiche” che fanno l’umore amaro. Anni ed anni di scelte che definire solo sbagliate è un gesto estremo di bontà.

Quella si che è tutta roba da non salvare, da non portare nella scuola del futuro. Ma non andrà così, continuerà a pesare sulle nostre spalle come legna verde. La vecchia scuola ma con banchi nuovi.

Tenere insieme le piccole cose e le grandi. Sicurezza, diritto allo studio ma anche memoria. Questa è un’occasione. 

Salviamo le parole. La nostra giovinezza su di un banco di scuola.

Teniamo insieme le piccole cose e le grandi. 

Guardare al passato, guardare al futuro.

 

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