Spread e banche: perché la Bce non fa come la Federal Reserve?

IL presidente della Federal Reserve Ben Bernanke

ROMA – Perché la Banca centrale europea non può fare come la Federal Reserve per mettere un freno agli spread e arginare la speculazione finanziaria sui titoli di stato sotto attacco? In altre parole, quali sono gli strumenti a disposizione della Bce e è possibile dotarla di nuovi poteri per abbassare i rendimenti dei titoli di Spagna e Italia? Le quali, nonostante le dure riforme e la ritrovata credibilità internazionale non convinfìcono affatto i mercati che continuano a scommettergli contro. Il paragone tra Europa e Stati Uniti si impone vista la velocità con cui la Federal Reserve spense il focolaio della crisi che pure le banche americane avevano innescato e la lentezza con cui dopo vari salvataggi sostanziosi e dispendiosi, ma episodici e limitati, la Bce e l’Europa stentano a trovare misure risolutive.

Intanto ieri la Fed ha rinnovato la sua operazione definita “twist”, con la quale utilizzerà altri 267 miliardi di dollari di titoli a breve in scadenza da qui alla fine dell’anno i cui proventi saranno reinvestiti in titoli a medio lungo termine per tenere bassi i tassi a lunga e aiutare così il settore immobiliare e annunciando altre misure in caso di necessità. Cioè misure di “quantitative easing”, per cui la Fed si impegna a acquistare azioni o titoli delle banche in difficoltà, fornendo liquidità al sistema quando le banche stesse non si prestano più soldi mentre le famiglie e le imprese non possono più accedere a prestiti e finanziarsi. Non è esattamente la situazione italiana, per dire di uno degli stati “periferici” in cui il circolo vizioso debiti sovrani-banche impedisce costringe lo stato a finanziarsi a tassi altissimi e la crescita non ha nessuna possibilità di salire per mancanza di denaro circolante.

“Comprare titoli di Stato a lunga scadenza e vendere quelli a breve non significa stampare moneta” sostiene Walter Riolfi sul Sole 24 Ore. Sottolineando come la Bce è l’unica forza in grado di “spegnere l’incendio in Eurozona”. I vari salvataggi, attraverso le varie declinazioni nominali dell’Esm, Esfs, Efsm, non hanno funzionato se gli spread restano al livello di novembre scorso. L’ultima proposta autorevole, quella presentata da Monti, sconta come le altre, a giudizio degli analisti, una debolezza intrinseca (“un’aspirina contro il cancro”). Si dovrebbe, secondo Monti, utilizzare la dotazione dell’Esm (European Stability Mechanism) per acquistare titoli di stato dei paesi con i conti in ordine ma ugualmente sotto attacco dei mercati e con gli spread rispetto al bund tedesco fuori controllo. Servirebbe, secondo Monti, che a quello strumento fosse concessa una licenza bancaria in modo da poter attingere senza limiti dalla Bce.

Una misura, appunto per calmierare lo spread e rendere meno oneroso per lo Stato finanziarsi sul mercato. Ma è appunto questa la debolezza: i mercati non si spaventano di fronte a misure rapsodiche e limitate nel tempo. Serve che qualcuno gli dica che gli interessi saranno garantiti e ripagati sempre, utilizzando ogni strumento e risorsa disponibili. Non funziona il salvataggio estemporaneo delle banche spagnole perché alza il suo debito e scoraggia gli investitori retrocessi in seconda o terza fila come creditori in caso di default (e infatti la Cina, che di titoli spagnoli ne ha una montagna se ne è lamentata). Urge la potenza di fuoco illimitata della Bce, ma occorre cambiare gli statuti, ratificarli nei parlamenti nazionali, insomma templi politici biblici.

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