ROMA – Giuseppe Turani ha pubblicato questo articolo anche per “Uomini e Business”. Il pezzo, dal titolo “un capocomico in panchina” parte dall’ultima battuta di Beppe Grillo, il “sono un po’ stanchino”, per delineare un avvenire decisamente fosco per il Movimento 5 Stelle.
L’articolo di Turani:
Si sprecano i consigli di fan e sodali a Grillo. Fai questo,. Fai quello, cambia qui, cambia là. In realtà non c’è niente da consigliare. Il capocomico genovese ha capito che l’avventura è finita e sta solo cercando un modo dignitoso per venirsene fuori senza troppi danni di immagine. Per ora l’unica battuta che ha trovato è quella di “sono un po’ stanchino”, che fa francamente ridere.
La verità è molto più semplice.
Il progetto originario non ammetteva un piano B. Bisognava distinguersi da tutti gli altri, la chiave distintiva era va famosa onesta (scontrini, rimborsi, ecc.). Diversi e mai mischiati nei giochi di palazzo alla fine avrebbero conquistato il51 per cento e avrebbero comandato, fondando una nuova Italia.
Non si spiega diversamente il no a Bersani candidato premier. Bersani aveva lavorato una vita per fare quel governo e avrebbe dato loro (anche in termini programmatici) quasi qualsiasi cosa. Ma hanno detto no, un no secco e anche un po’ maleducato, affidato a due poveretti che fino a giorno prima avrebbero fatto carte false per avere una tessera con lo sconto per il cinema.
Poi hanno continuato sulla quella linea. Gli altri andavano dipinti, sempre, come ladri, disonesti, incapaci di fare qualsiasi cosa. Il capocomico e Casaleggio erano convinti che questa strada avrebbe pagato. Tanto era il malcontento in circolazione. Alla fine la gente avrebbe rigettato i partiti e avrebbe votato in massa per i 5 stelle, portando il capocomico in cima al potere.
Questo, naturalmente, era il disegno di un megalomane che non ha mai capito niente di politica. Se avesse letto anche solo qualche buon manuale (invece di ascoltare il professor Becchi) avrebbe scoperto che, storicamente, i movimenti che nascono dalla protesta (ma senza avere un disegno coerente di cambiamento) dopo una fiammata iniziale navigano sotto il tetto del 20 per cento, e da lì poco a poco scendono.
E questo è esattamente quello che è accaduto al capocomico. Fatto il boom nelle elezioni del 2013, si aspettava, dopo un anno di scontrini, di piazzate in parlamento almeno fino al 30 per cento alle europee.
A quel punto il gioco sarebbe quasi stato fatto. Ancora una decina di Vaffaday e il sospirato 51 per cento sarebbe arrivato. E la Rete (cioè il capocomico, perché la famosa Rete sono lui e Casaleggio) avrebbe comandato su tutto. Tombola.
Invece è successo che già alle europee il movimento è arretrato: andremo a Bruxelles e strapperemo il fiscal compact. Ma a Bruxelles, senza l’alleanza con i peggio figuri del parlamento, non sarebbe riuscito nemmeno a fare il gruppo, cioè a avere il diritto di parlare.
Le elezioni in Calabria e in Emilia Romagna hanno dato il colpo di grazia: si è capito che la grande cavalcata verso il potere era finita, scomparsa, non c’era più.
Così ha scoperto di essere “stanchino”, ha passato la palla a un gruppo di poveretti e si appresta a ritirarsi a vita privata. Se è veloce nel fare questo, forse eviterà che siano Casaleggio & Figlio a farlo fuori. Loro hanno ambizioni più modeste e sanno he un discreto gruppo parlamentare può essere molto utile in ogni circostanza (vedi Berlusconi) e quindi cercheranno di andare avanti con il poco materiale umano e di idee che hanno fra le mani.
Ma a quel punto il capocomico sarà davvero ai giardinetti.
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