La montatura fatta da alcuni giornali stranieri di una frase detta da Berlusconi ad alcuni bambini rimasti senza casa a causa del terremoto in Abruzzo, è la logica conseguenza di un uso e abuso di battute di spirito da parte del premier italiano, che spesso viene classificato come “gaffes”.
Per chi pensa che il premier Silvio Berlusconi non faccia mai niente a caso, quelle che per gli osservatori superficiali sono delle gaffes diventano invece degli atti politici ben precisi.
Non a caso Berlusconi le fa: come direbbero i suoi odiati giudici, reitera. Uno come lui, che vive di tv, politica e sondaggi, non lo farebbe se ne avesse, dai sondaggi dei riscontri positivi dalla sua base elettorale, o almeno una consistente parte di essa.
Facendo il cucù alla cancelliera tedesca Angela Merkel, trattando da pari a pari, come un coscritto, il presidente francese Nicolas Sarkozy, Berlusconi fa superare al nostro inconscio italiano un complesso di inferiorità verso gli stranieri, che trova riscontro in tanti film di Alberto Sordi o di Totò.
Siamo abituati a essere guardati dall’alto in basso un po’ in tutto il mondo. Ci consoliamo dicendoci da soli che siamo simpatici perché distribuiamo pasta e pomodoro (salvo poi essere ripagati da bombe e fucilate): infatti quegli stessi stranieri extracomunitari che umilmente ci servono come badanti o camerieri, a casa loro ci chiamano proprio così, “macaroni”. E così fanno anche i francesi: anche in questo caso, un classico del cinema, “Rififi”, di Jules Dassin, conferma.
Berlusconi in un certo senso pareggia il conto, ci rende giustizia, ci fa sentire alla pari degli altri. Noi lo neghiamo, ma intimamente li sentiamo superiori a noi. Che poi così facendo ribadisca nelle loro teste il concetto che non siamo gente simpatica sì, ma poco seria e quindi poco affidabile, diventa marginale. A un’intepretazione politica è certamente ascrivibile la più clamorosa delle gaffes, quella a Buckinghan Palace, davanti alla regina d’Inghilterra, anzi, dietro le sue spalle. E anche la susseguente ira di Berlusconi, che se l’è presa con i giornali invece che con sé stesso, ha una evidente motivazione politica.
Vediamo i due episodi.
Berlusconi, dopo la foto di gruppo a Buckingham Palace la vigilia del summit dei G20, non sta nella pelle, vuole a tutti i costi la foto con il presidente americano Barack Obama e lo chiama a gran voce, come si sente chiaramente nel video diffuso da Youtube. «Mister Obamaaaaaa!», chiama a voce alta, provocando, come in tanti hanno potuto vedere, il fastidio della sovrana.
La foto che ne consegue, è anch’essa una foto di gruppo , molto meno informale della prima, con tutti i personaggi ritratti felici e sorridenti come scolari in gita. Al vertice del gruppo, più in alto di tutti, c’è Berlusconi. Accanto Obama. Berlusconi non sta nella pelle dalla gioia. Obama, col pollice trionfalmente alzato e un ghigno soddisfatto, è anche lui al settimo cielo. Le ragioni della gioia di Obama sono evidenti: un summit che poteva naufragare davanti agli occhi del mondo intero per il nulla di fatto che vi è stato ottenuto, è invece riuscito a trasferire al mondo un’immagine di successo il cui effetto psicologico, se non altro sui sondaggi, almeno qualche tempo dovrebbe continuare.
E Berlusconi? Beh, lui ha le sue ragioni e sono più di una. Ha fatto la pace con Obama. Posando con lui, Obama ha mostrato di non essersela presa proprio per la battuta sulla abbronzatura del presidente americano. Anzi, non solo posa, ma posa felice, e quasi quasi le loro teste si sfiorano nel sorriso.
Obama, che ha escluso l’Italia dal suo viaggio in Europa quasi per punire il governo Berlusconi dell’eccessivo appiattimento su Bush (e dato che l’Italia conta nel mondo molto poco, gli americani hanno fatto finta di niente con l’Inghilterra di Gordon Brown ma a noi ce l’anno fatta pagare, umiliandoci: Obama è stato in Gran Bretagna, Francia, Germania e Turchia, ha visto testa a testa i premier di Spagna e Grecia, ma con Berlusconi solo la foto, con tutti gli altri, e a gentile insistenza).
Ora tutto sembra superato, Obama verrà in Italia in luglio, per il G8, ma nel frattempo Berlusconi gli ha strappato un invito a Washington, del genere «se proprio vuoi, vieni pure». Non c’è che dire: «Silvio l’è propi simpatic, ogni tanto sarà un po’ monello, ma alla fine tutti lo perdonano e vince semper lu».
In questa logica, anche l’irritazione per il risalto che siti e giornali italiani hanno dato all’aristocratico scatto di nervi della regina è un fatto politico. La regina, oltre a essere una signora di ottant’anni che non sopporta i rumori e i toni di voce eccessivi, è anche discendente da una stirpe che, per dritto o per traverso occupa quel trono da quasi mille anni. Subire un rimbrotto da una persona così è come entrare al Grand’Hotel con le scarpe gialle o bicolore e essere guardati dall’alto in basso da ospiti e portieri con quel “mepris” che ti fa arrossire per la brutta figura (espressione italiana entrata ormai nel linguaggio internazionale).
Il rimprovero della regina è old money contro new money, è la maionese impazzita che rovina il pesce.
È quello sguardo che ti dice: sei sempre lo stesso, un povero “macarone”. E dopo tanti sforzi per accreditarsi con “Mister Obamaaa”, la delegittimazione più nera e umiliante.
E un po’, che uno sia pro o contro Berlusconi sul piano politico poco importa, la cosa dovrebbe irritare tutti. Non c’è solo Berlusconi a fare gaffes al mondo. Un giornale inglese di recente ha stilato l’elenco delle venti gaffes più recenti del presidente americano Barack Obama e del suo vice Joe Biden. E non hanno proprio nulla da imparare dal povero cavaliere. Ma tant’è, Lui è Lui, è ricco, e soprattutto italiano. E gli italiani nel mondo sono, ci piaccia o no, quel che i romeni sono in Italia. Anche per questo, forse, un politico che, nonostante l’età, nutre ancora grandi ambizioni di rappresentare l’unità nazionale, alle belle o brutte figure dovrebbe stare più attento.
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