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Sanremo allarme dai numeri, la tv in Italia ha perso 2 milioni di spettatori ma il Cda Rai pensa a altro

I numeri del Festival di Sanremo premiano il lavoro e la bravura di Amadeus ma dovrebbero fare riflettere chi dirige o possiede emittenti televisive in Italia.

 

Amadeus ha fatto il suo mestiere, ha offerto al  quella parte di popolo italiano tvdipendente uno spettacolo eccitante. Che poi sia giusto e corretto infiltrare im uno spettacolo di canzonette temi come i detenuti di un carcere minorile o il razzismo degli italiani è un altro discorso. E che nessuno trovi niente da obiettare è segno del livello di decozione dei nostri cervelli. Ma siamo un po’ nell’accademia.

Ha ragione Amadeus quando dice: se non vi piace non guardate. Con questo freddo non è consigliabile agli anziani di uscire la sera. 

Poi sarebbe anche interessante capire se abbiano influito sulla audience più le tirate moralistiche o la sana anche se un po’ invecchiata voce (o era playback?) dei leoni dei miei tempi: Peppino di Capri (già cantava quando frequentavo il ginnasio più di 60 anni fa), Gianni Morandi (che ho sempre detestato perché era già un divo quando io arrancavo sui libri delle medie), Massimo Ranieri (lanciato al Cantagiro del 1969, con Gino Bartali, sì proprio lui, che lo rimproverava perché si faceva troppo distrarre dalle fan) e Al Bano (quello che tiene il cappello in testa anche nei ristoranti a tre stelle). E aspetto la serata finale con Gino Paoli, che quando comparve a Sanremo negli anni ’60, tutto vestito di scuro con quegli occhiali che gli davano una certa aria da menagramo lasciò basito il pubblico. Per non dimenticare che quando esordì Lucio Battisti fu umiliato.

Non vorrà dire che cantanti e canzoni di oggi non piacciono poi tanto al pubblico della tv costituito più da vecchi che da ragazzi? 

Ma i numeri sono numeri e ci dicono che un italiano su 5 ha visto il Festival. Pas mal. 10 milioni di spettatori nel 2023, 10 miioni 911 mila lo scorso anni, sono bei numeri. I numeri sono numeri nel bene e nel male.
Per questo i componenti del Cda della Rai, invece di lamentarsi per non essere stati preventivamente avvertiti della comparsa ara di Mattarella farebbero meglio a interrogarmi sul futuro della azienda loro affidata.
Se si considerano i numeri assoluti appare evidente perché si devono preoccupare.
Il 60 e oltre di share di quest’anno corrisponde a 10 milioni e mezzo di spettatori totali. Rappresentano, dicono i giornali, il massimo di share, cioè la percentuale di spettatori che ha seguito il Festival nelle due prime
serate sul totale di quanti hanno guardato la tv in quelle stesse sere, dal 1995.

Ma il risultato del 2023 non è il più alto di questo secolo in termini assoluti. Il massimo fu nel 2000mcon la conduzione di Fabio Fazio:13 milioni 171 mila spettatori. Ma con una share del 51%. Così fu negli anni successivi con Carrà e Baudo. La share però era ben lontana dai valori di oggi: fra il 40 e il 50%. Sono più di 2 milioni di spettatori non del Festival (l’audience è la stessa) ma della tv che non la guardano più almeno come la conosciamo dai tempi della rivoluzione Berlusconiana e la moltiplicazione dei canali imposta dal compromesso storico.

Forse è il fenomeno Netflix, forse è la distrazione dei social network. Forse c’è chi, stufo delle insulsaggini dei dibattiti noti come talk show, ha optato per un bel libro. Berlusconi di sicuro se ne è già accorto, ma ormai probabilmente è troppo vecchio per inventare il prossimo passo, essendo prigioniero di se stesso. Ma qualcuno di quei signori un giretto fra America e Inghilterra farebbe bene a farselo, per capire come hanno reagito da quelle parti.Se hanno inventato qualcosa.

Purtroppo qui da noi  tutti sembrano presi da altri problemi. I giornali in coro osannano il risultato di share, ignorano i valori assoluti.
Non c’era bisogno del Minculpop ai tempi del Duce, non ce ne sarebbe bisogno ai giorni nostri. Nessuna meraviglia se ogni mese le vendite in edicola dei giornali in Italia calano del 10%.
Come si fa a ammirare la volgarità del vestito di Chiara Ferragni o abboccare all’opportunismo del marito.
Se un giornale o un sito pubblicano la foto di un bambino senza quella orribile levetta sugli occhi rischiano pene esemplari dalla Polizia del Pensiero e della Pubblica Moralità. La signora Ferragni, mi dicono, espone sui social network le foto dei suoi bei bambini e nessuno ha niente da dire.
Ma così è l’Italia e forse anche il resto del mondo.

Marco Benedetto

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