Usa, Cina, Russia. È un triangolo che incombe sulla politica del mondo. Sembra cronaca di oggi ma è la storia di millenni che si rinnova.
Lo stato di conflitto permanente fra estremo est di quello che oggi è Russia Mongolia Afghanistan da una parte e Cina dall’altra affonda le radici nella notte dei tempi. Si è rinnovato nei secoli, è realtà oggi.
Dietro le quinte è appostata l’India, che ha appena mandato una nave spaziale sulla luna. La Cina l’ha sempre considerata terra di conquista, ci fu nel secolo scorso un conflitto fra gli eserciti dei due sub-continenti, al confine le truppe si muovono ancor oggi come in stato di pre allame. Eppure, spiega Foreign Affairs, l’India non può diventare una grande potenza perché lacerata dal clima di intolleranza fomentato dal Governo.
I cinesi in espansione demografica guardano alla Siberia come uno sbocco naturale. Mentre il confine con l’India si snoda a quota 4 mila, quello con la Russia è in pianura. Ogni giorno mercanti cinesi invadono la Russia asiatica, sopraffacendo gli inebetiti russi con mercanzie e liquori.
Ecco perché Putin ha paura e con una buona dose di ragione.
Per questo, avendo egli al guinzaglio i presidenti americani Trump e Biden (mentre il Pd è filo cinese almeno fin dai tempi di Clinton), ha ottenuto dagli Usa la guerra commerciale con la Cina e la disastrosa ritirata dall’Afghanistan e poi, contando sulla nuova complicità americana, ha aggredito l’Ucraina.
Gli Usa però non possono fare a meno della Cina, come mercato e come fornitore e indotto.
La Cina a sua volta ha guardato agli Usa come modello e partner non solo dopo l’ascesa di Deng ma ben prima, fin da Mao.
E fin dai tempi di Mao, cioè dai tempi del maggiore espansionismo comunista nel mondo, la Cina guarda con ostilità la Russia, quella di Stalin prima quella di Kruscev dopo; sospetto, disprezzo, preoccupazione.
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Diceva Mao: “Alcuni compagni non capiscono. Voglion che si attraversi il mare per prendere Taiwan. Non sono d’accordo. Lasciamo Taiwan dov’è. Taiwan mantiene alta la pressione, aiuta a mantenere l’unità interna. Una volta che la pressione non c’è più, potrebbero esplodere dispute interne”.
Parole di quasi 70 anni fa, valide ancor oggi.