Brexit sia Brexit è. La regina Elisabetta ha messo il sigillo, the royal assent, sulla legge, approvata dal Parlamento britannico, denominata European Union Withdrawal Agreement Bill, la legge che sancisce l’uscita dall’Unione europea, cioè Brexit. Dopo 46 anni, un amaro divorzio, commenta Giampaolo Scacchi.
La legge si è trasformata in un trattato internazionale, firmato dai presidenti della Commissione europea e del Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Charles Michel, a Bruxelles e dal primo ministro britannico Boris Johnson, a Londra.
Ora manca la ratifica finale da parte del Parlamento europeo, prevista per mercoledì prossimo, prima che il Regno Unito il 31 gennaio esca dall’Unione Europea.
Dopo più di tre anni di accese discussioni, il parlamento britannico ha formalmente ratificato l’accordo sulla Brexit del primo ministro Boris Johnson.
Lo storico disegno di legge sull’accordo per l’uscita dall’UE è stato approvato con 330 sì e 231 no: poi è venuto in si della Camera dei Lord per ulteriori controlli,
Mentre la nazione si prepara al divorzio da Bruxelles, il voto rappresenta un grande momento simbolico.
La schiacciante vittoria elettorale di Johnson alle elezioni generale di dicembre ha fatto sì che il passaggio del WAB costituisse una mera formalità. Non dimentichiamo che la battaglia per la Brexit ha tormentato i due precedenti governi Tory.
Il nuovo presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è recata a Londra dopo il voto per i primi colloqui con Johnson, accompagnata dal negoziatore capo europeo per la Brexit, Michel Barnier, che ora avvierà delle discussioni sul commercio.
Tuttavia le due parti sono su posizioni nettamente diverse: Johnson insiste che il periodo di transizione non andrà oltre il 31 dicembre 2020.
La von der Leyen ha affermato che la scadenza di fine anno limiterebbe ciò che potrebbe essere concordato sul commercio; Barnier in un discorso a Stoccolma ha detto:”Siamo pronti a fare del nostro meglio, il massimo, in undici mesi per ottenere un accordo di base con il Regno Unito, ma avremo bisogno di più tempo per concordare su ogni punto di questa dichiarazione politica”.
In realtà, dal primo febbraio niente nella sostanza cambierà: si entrerà in una fase di transizione, fino al 31 dicembre, in cui il Regno Unito sarà fuori dalla Ue e non avrà più suoi rappresentanti nella Commissione europea o nel Parlamento di Strasburgo, ma tutto resterà come prima, compresa la libertà di movimento, cioè di emigrare e lavorare nel Regno Unito.
Nello stesso periodo, le due parti cercheranno di negoziare un accordo commerciale che regoli i rapporti fra isola e continente. La sensazione è che manchi il tempo: nella migliore delle ipotesi sarà possibile un’intesa limitata sui dazi. Si teme il risorgere dello spettro del no deal, il divorzio senza accordi, che penalizzerebbe gli uni e gli altri, conclude Giampaolo Scacchi.