Brexit, Giampaolo Scacchi: Imprenditori italiani schierati contro il no deal

Brexit, imprenditori italiani schierati contro il no deal, mentre Milano festeggia, scrive Giampaolo Scacchi (nella foto)

La parola Brexit, come ormai sanno tutti e come precisa Giampaolo Scacchi, si riferisce al referendum indetto per chiamare il popolo britannico ad esprimersi sulla volontà di restare o meno nell’Unione europea (da “Britain”, Gran Bretagna e “Exit”, uscita). Il referendum, tenutosi il 23 giugno 2016, si è concluso con la vittoria del fronte favorevole all’uscita (52%). La messa in pratica della volontà dei cittadini britannici non sarà immediata, occorrono infatti circa 2 anni per negoziare il nuovo status come prevede l’articolo 50 del Trattato Ue. Theresa May con un emendamento alla Withdrawal Bill (o Repeal Bill), la legge quadro sul divorzio dall’Ue, ha poi fissato la data dell’uscita per venerdì 29 marzo 2019, alle ore 23.

Ad oggi, il Regno Unito uscirà dall’UE il 29 marzo probabilmente senza un accordo commerciale in vigore. L’accordo di divorzio che la premier inglese Theresa May ha raggiunto faticosamente con l’Ue dopo un anno e mezzo di negoziati, come già riportato nei precedenti articoli, è stato respinto a stragrande maggioranza in un voto parlamentare il 15 gennaio. In questo ultimo  mese trascorso alla sconfitta clamorosa, la May ha cercato di concordare modifiche al pacchetto di divorzio per renderlo accettabile ai membri del suo Parlamento.

Momento chiave sarà il vertice di fine marzo a Bruxelles. Alcuni ministri del governo inglese credono che la minaccia di un disastro economico costringerà gli oppositori a sostenere il piano della May, mentre altri funzionari governativi ritengono che una tale strategia sia troppo rischiosa e debba essere fermata. Secondo quanto riferiscono fonti vicine a Bloomberg, Theresa May, d’accordo con i vertici europei, potrebbe volare a Bruxelles per un vertice dell’ultimo minuto il 21 marzo prossimo, nel tentativo di ottenere ulteriori concessioni. 

Per facilitare questa strategia, in questi giorni la May ha trascorso molte ore alla Camera dei Comuni, nel tentativo di chiedere tempo ai rappresentanti per portare a casa condizioni migliori sull’accordo. Proprio ieri ha subito la decima sconfitta in parlamento; la mozione su brexit, presentata dal governo, è stata bocciata con 303 voti contrari e 258 voti a favore, dimostrando ancora una volta che la premier britannica non ha il sostegno di Westminster e, soprattutto, del suo partito. Il voto di ieri non è vincolante e non costringe il governo britannico a cambiare strategia però mette in evidenza la difficoltà oggettiva di trovare, in parlamento, una maggioranza per un compromesso su brexit. A fronte  di questa nuova dimostrazione di debolezza, l’UE difficilmente ammorbidirà la sua posizione di chiusura sulla riapertura dei negoziati e avrà ancora meno incentivi a riscrivere parti dell’accordo.

Ancora una volta quindi l’esito delle trattative dipende più da quanto accadrà a Londra che a Bruxelles. Per uscire dall’impasse, May dovrebbe modificare i parametri della strategia, rompere con i falchi del suo partito e fare un accordo con i pragmatici del Labour; ma il rischio di un “no deal” si sta avvicinando.

Per la Finanza Italiana, potrebbero esserci degli sviluppi molto interessanti. Infatti già da inizio marzo Milano diventerà la sede ideale delle attività legate ai bond europei e questo grazie alla Brexit. Come sottolinea un articolo del Financial Times, Londra perderà il suo status di primo approdo per i governi europei che vendono obbligazioni, dato che prima dell’uscita del Regno Unito dall’UE, la maggior parte delle attività che transitano su una piattaforma chiave dalla City passerà a Milano.

Dall’inizio del mese prossimo, solo il governo britannico e le banche con sede nel Regno Unito utilizzeranno ancora MTS Cash londinese,ogni altro governo europeo dalla stessa data avrà accesso a MTS Cash attraverso la nuova sede di Milano, dove MTS ha iniziato a funzionare alla fine degli anni Novanta. Su Mts Cash sono scambiati, ogni giorno, come riporta il Financial Times, contratti per circa 13,4 miliardi e di questi, circa il 20% è destinato ad arrivare nel capoluogo lombardo. Una mossa che è l’ultimo tassello di una lunga serie di operazioni innescate dall’uscita di Londra dal mercato unico.

Per l’imprenditoria italiana che produce in Gran Bretagna, conclude  Giampaolo Scacchi, interessante può essere l’intervista rilasciata da Maurizio Bragagni a Il Tempo. Bragagni, imprenditore aretino attivo da anni nel Regno Unito e vice presidente della Camera di Commercio Italiana a Londra, afferma: “Deve necessariamente prevalere il buon senso, altrimenti sarà la catastrofe. Il no deal, sarebbe un disastro. E’ stato fatto un referendum e va rispettato, ma non per questo il Paese deve finire nel baratro”; inoltre in una lettera inviata nei giorni scorsi a tutti i parlamentari inglesi scrive: “La mia compagnia sarà una delle poche all’interno a trarre benefici dalla tariffe doganali e dal caos post no deal. Ma non è ciò che vogliamo, non è ciò che è meglio per la Gran Bretagna ed i suoi cittadini…per questo spero che il buonsenso prevalga e che l’accordo, con gli emendamenti concordati, sia approvato”.

 

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