Se non è una tegola come la vogliamo chiamare? Il governo è di nuovo in panne per il caso Calabria, una delle quattro zone rosse.
Il commissario straordinario per la Sanità in Calabria viene silurato (anzi si dimette) pochi giorni dopo la sua riconferma. Si chiama Saverio Cotticelli ed è un generale dell’arma dei carabinieri. Non spetta a noi entrare nel merito della questione. Sta di fatto che immediatamente, nemmeno a dirlo, scoppia la polemica politica.
La 5Stelle Giulia Grillo, ex ministro della salute (particolare da non trascurare), se la prende con il suo successore Roberto Speranza: “Non ha risposto alla lettera che l’alto ufficiale aveva scritto a Roma per avere lumi su come comportarsi nei confronti del Covid19”. Le opposizioni vanno ancora più in là e sparano a zero contro il governo reo “di aver nominato e riconfermato – una manciata di giorni fa – un incapace”. Aggiungono: “Di chi è la colpa se non del presidente del consiglio?”
Palazzo Chigi va in tilt. La bega non è di poco conto e il premier sceglie subito il sostituto: un valoroso manager, Giuseppe Zuccatelli, ora in quarantena. Avrà pieni poteri dopo la recente approvazione del piano Calabria. La confusione è generale e si riapre lo scenario del tutto contro tutti. Regioni rosse contro regioni bianche con il ministro Speranza che continua a difendere il suo operato. Anzi: si è forse alla vigilia di nuove ristrettezze? A sentire le indiscrezioni pare di si. Nell’occhio del ciclone finiscono Campania, Toscana e Liguria. Sarà vero? La destra tuona e chiama in causa i virologi “schiavi del Palazzo”. Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità risponde a tono: “Qui si fa scienza non politica”. Però, i dubbi rimangono dopo lo scandalo Calabria, una regione che continua a protestare perché ritiene ingiusta la decisione di definirla così pericolosa.
Siamo ancora in piena bagarre perché il rosso vorrebbe diventare giallo, mentre “gli incriminati” desidererebbero almeno essere considerati arancioni. “Si può andare avanti così”, si chiede Matteo Salvini? Insomma, ogni scusa è buona per aizzare la polemica: anche l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti. “Voi avreste sperato nella riconferma di Trump”, gridano a sinistra. Il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, tenta una mediazione: “Se noi vogliamo tornare al potere dobbiamo instaurare un buon rapporto con Joe Biden”. Il ministro Speranza getta acqua sul fuoco. Quando lo si attacca per la figuraccia calabrese replica con poche parole: “La crisi è stata superata in una manciata di ore”. Però, l’onda d’urto rimane e adesso il governo deve camminare di nuovo con quattro piedi in una scarpa. Tanto più che il virus non ha nessuna intenzione di frenare (Ieri i nuovi casi sono stati 39811 e 425 i decessi.
Dal Colle si torna ad invitare le forze politiche ad andare alla ricerca di una “unità”, ma i suggerimenti e i consigli del Quirinale durano lo spazio di un mattino. Il premier ostenta tranquillità e non dà peso (così pare) alle critiche. A chi gli fa notare che infuria ancora la polemica contro il Dpcm replica con calma: Non accettiamo ordinanze fai da te. Chiaro?”.
L’interrogativo che si pone la gente è sempre lo stesso: a Natale potremo organizzare il cenone? Per ora accontentiamoci di star bene e di combattere la pandemia vincendola. Alle feste penseremo dopo.