Il rifiuto di Andreotti, del PCI e della Democrazia Cristiana, di trattare per salvare la vita di Aldo Moro, fu seguito dall’assassinio dell’allora presidente della DC da parte delle Brigate Rosse. A 43 anni di distanza, si fa finalmente strada una versione del tutto diversa da quella ufficiale, di quel che avvenne fra il 16 marzo 1978, alle 9 del mattino in Via Fani. E il 9 maggio dello stesso anno, quando fu trovato il cadavere crivellato di colpi in Via Gaetani.
Qualcosa sta finalmente cambiando, basta leggere le importanti dichiarazioni recenti di Mattarella e Veltroni. E’ tempo di accertare e accettare la verità! A mio avviso tocca al Partito Democratico, erede del PCI di Berlinguer e della DC di Zaccagnini, rivisitare quei giorni in chiave autocritica. E rendere finalmente giustizia a Moro almeno in sede storica.
Le 86 lettere di Moro dal “carcere del popolo” offrono uno spaccato molto importante sui protagonisti di quei terribili, drammatici giorni.
Rilette oggi, consentono di dare un giudizio ancora più vero e ragionato sul comportamento dell’ allora Presidente democristiano, restituendogli il rispetto e la dignità che certamente merita.
Le lettere di Aldo Moro smentiscono le fake news
Le lettere smentiscono in maniera netta e categorica quanto fu detto e scritto all’indomani del suo sequestro. E cioè che Moro non fosse più lucido, che i suoi scritti avvenissero sotto dettatura, che Moro fosse sotto l’effetto di droghe e solidale con i sequestratori perché colpito dalla sindrome di Stoccolma.
Fu pubblicata persino una falsa notizia che attribuiva alla moglie di Moro una posizione favorevole al no alla trattativa. Fu quello uno sconsiderato tentativo di sminuire la portata dei suoi interventi, sempre lucidissimi. E di attenuare le durissime critiche che Moro rivolgeva in particolare ai dirigenti del suo partito (lettere a Zaccagnini) e al Governo presieduto da Andreotti.
La prima fu recapitata il 18 aprile 1978, anniversario della storica vittoria della DC di De Gasperi contro il Fronte popolare di Togliatti e Nenni. Era indirizzata al Ministro dell’Interno Francesco Cossiga. Partiremo da quella. C’è molto da dire.
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