Aldo Moro, il figlio Giovanni contro Cossiga: “In qualsiasi paese, sarebbe finito a coltivare rose”

Moro, Carlo Luna ripercorre il “caso”, in questa puntata ricorda l’attacco del figlio Giovanni contro Francesco Cossiga. “Cossiga? In qualsiasi paese, un ministro dell’Interno a cui fosse capitata una disgrazia del genere, sarebbe finito a coltivare rose. Lui invece divenne due volte presidente del Consiglio e una volta capo dello Stato”.

È questa una delle critiche più forti che Giovanni Moro, intervistato da Repubblica, ha rivolto al Ministro dell’Interno che guidava le indagini sul rapimento e l’assassinio di suo padre.

Se ne parla da 43 anni ma non c’è ancora una verità storica, giudiziaria e politica. Secondo il figlio di Moro,  democristiani e comunisti erano d’accordo “nella decisione di darlo per morto fin dal primo giorno”. Mentre sulla fermezza…

“C’era chi era in buona fede e la riteneva inevitabile e chi calcolava quanto avrebbe guadagnato alle elezioni sul cadavere di Moro”.

Il disegno politico del presidente democristiano aveva come obiettivo trasformare la “democrazia bloccata”, che vigeva in Italia, in “democrazia dell’alternanza”. Il che non  esclude per principio la partecipazione del PCI al governo italiano, ma tiene conto dei risultati elettorali. Le BR per impedire che Moro ottenesse questo risultato lo avevano rapito e imprigionato.

Ma le Br agivano contro Moro in proprio o per conto di chi ?  

Abbiamo già ricordato che gli americani erano contrari alla proposta politica del presidente della DC. E, per motivi diversi, anche i sovietici. A entrambi avrebbe fatto comodo l’eliminazione di Moro.  La democrazia qui da noi resterà ancora  bloccata.

I comunisti italiani  non sarebbero mai andati al Governo del nostro Paese. Con quella lettera sul proprio simbolo, sulle schede elettorali, sulle insegne, sui manifesti e sulle bandiere. Dovranno prima cambiare  tutto, rinunciando allo storico  aggettivo che dal 1921 li aveva contrassegnati.

Già che c’erano esclusero anche  “italiano”, sostituendolo con  “democratico” che è decisamente più impegnativo, usato anche da altri e più generico.

43 anni  dalla strage di Via Fani e dal rapimento si fanno sentire. Perché la verità o meglio, le verità non sono  mai state rivelate. Per Giovanni Moro la figura di suo padre è adesso come un “fantasma dal quale non riusciamo a liberarci. Ma la questione non è chiusa”.

Racconta che durante i fatidici 55 giorni successero “cose incredibili” con Cossiga che prendeva ogni giorno “la decisione di non decidere”. Fino a quando non scese in campo la “Ragion di Stato” per impedire la trattativa con le Brigate Rosse.

Sembrava che si potesse evitare la morte di Moro

L’uccisione del prigioniero sembrava ad un certo punto persino evitabile. Le Brigate Rosse avevano richiesto di scarcerare 13 estremisti di sinistra per liberare  Moro. La mattina del 9 maggio si doveva riunire la direzione della DC Fanfani, che aveva cambiato posizione, avrebbe espresso il proprio no alla linea della fermezza.

La riunione non si tenne perché Moro era già stato assassinato e lasciato nel portabagagli della famosa Renault rossa, a poca distanza dalla sedi della DC e del PCI.

È stato chiesto  a Giovanni se nutre ancora la speranza che si arrivi alla verità. Ha risposto che malgrado “tentativi di trovare scorciatoie o versioni di comodo” la richiesta lo conforta.

Perché “è un problema della democrazia, un problema insoluto” per il nostro Paese. Nella sua ultima lettera , Moro  proibì la partecipazione ai suoi funerali di politici e uomini dello Stato. La famiglia fu d’accordo.

Il 6 marzo 1999, Eleonora e Giovanni Moro, saranno  ascoltati separatamente  dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e sulla mancata cattura dei  responsabili delle stragi. Il resoconto completo della riunione, che esamineremo nella prossima puntata, contiene diversi e importanti elementi di interesse per chi ritiene necessario rileggere gli eventi per “Dare finalmente a Moro, quel che era di Moro”.

(Continua- 6)

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