Avvenire, 50 anni di storia d’Italia e la lezione sul caso Moro

di Carlo Luna
Pubblicato il 18 Dicembre 2018 - 12:33 OLTRE 6 MESI FA
L'Avvenire, 50 anni di storia d'Italia e la lezione sul caso Moro

Avvenire, 50 anni di storia d’Italia e la lezione sul caso Moro

ROMA – Da 50 anni è in edicola, e adesso anche sul web, un giornale unico, diverso da tutti gli altri. Nato dalla fusione fra due quotidiani cattolici a diffusione regionale (Avvenire d’Italia a Bologna, Italia a Milano) è diventato autorevole palestra di confronto sui problemi del nostro tempo. Non è mai stato legato a partiti, ma ha sempre seguito con profonda attenzione l’avventura dei cattolici impegnati in politica. Senza alcuna soggezione a gruppi di potere o colossi economici. Scrivo queste cose perché ho avuto la fortuna di respirare l’aria della redazione romana di Avvenire, dapprima come collaboratore e poi come responsabile del servizio politico- parlamentare.

Nel primo numero ho scritto un articolo sul sindacato, settore che seguii per diversi anni. Ho avuto l’opportunità e la buona sorte di capitare nel periodo di trasformazione del sindacato italiano da “cinghia di trasmissione” dei partiti (PCI e PSI per la CGIL, DC per la CISL, PSDI e PRI per l’UIL) al tentativo, poi fallito, di creare una sola autonoma organizzazione unitaria. Il dibattito sull’unità sindacale ha infiammato la vita politica nazionale della seconda metà degli anni 60 e del decennio seguente. Le organizzazioni dei lavoratori riuscirono ad acquisire grande spazio sui media e crescente autorevolezza. Il sindacalismo italiano non aveva allora molti mezzi economici ma contava sempre di più. Spentosi il clima unitario oggi, il sindacato ha finanze assai più floride ma conta molto meno.

La mia collaborazione ad Avvenire è stata caratterizzata da diverse anticipazioni. Nel 1965 al Congresso CGIL di Bologna svelai la decisione della corrente socialista, su input del futuro ministro del lavoro Giacomo Brodolini, di non seguire il diktat della corrente comunista e di aprire la strada al centrosinistra. Nel maggio del 1969, sul titolo di un mio servizio dal congresso della FIM-CISL di Sirmione, per la prima volta apparve l’espressione “autunno caldo”, entrata poi nel linguaggio comune e nella storia del nostro Paese. Nel frattempo ero stato assunto da Angelo Narducci, che mi spostò poco dopo dal sindacato alla politica. A Narducci devo un’indimenticabile lezione di professionalità e di vita.

C’erano allora personaggi politici di altissimo livello, di ogni partito, dal MSI al PCI. Metterli a confronto con quelli di oggi è impietoso. Il 16 marzo del 1978 le Brigate Rosse sequestrarono Aldo Moro, dopo aver massacrato la scorta. Il mondo politico fu sconvolto: Moro doveva proporre alla Camera la fiducia al governo Andreotti, sostenuto per la prima volta dai comunisti. La classe politica si pronunciò, a larghissima maggioranza, per la “teoria della fermezza”, contraria a qualsiasi tipo di negoziato con i terroristi. Quasi tutti i giornali la sostennero a spada tratta. Unica eccezione il PSI di Craxi che voleva mettere in difficoltà il governo: c’erano non solo “falchi e colombe” ma anche avvoltoi.

Furono spacciate clamorose fake news come quella del Corriere della Sera (“Una vedova di Via Fani: mi do fuoco se trattate”) o l’altra di Montanelli che definì la signora Moro “una cavalla di razza”, attribuendole falsamente l’adesione alla fermezza. Il TG1 ipotizzò che Moro fosse in preda della “sindrome di Stoccolma”, che vede il prigioniero solidale con i rapitori. Tutto falso. Narducci su Avvenire propose, in sintonia con Papa Paolo VI, una lettura sofferta ma completamente diversa. Rispettosa del pensiero di Moro e favorevole al tentativo di salvarlo. La classe politica reagì negativamente e non cambiò nemmeno dopo il messaggio del Pontefice agli “uomini delle Brigate Rosse”. La vicenda si concluse nel peggiore dei modi e lascia ancora aperti numerosi, inquietanti interrogativi. Per 50 anni Avvenire ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento indispensabile per i cattolici che s’impegnano in politica. La lezione professionale di vita che ho ricevuto non la dimenticherò.