Di Maio furioso perde le staffe e le elezioni in Friuli Venezia Giulia

Luigi Di Maio furioso e le elezioni in Friuli Venezia Giulia
Di Maio furioso perde le staffe e le elezioni in Friuli Venezia Giulia

ROMA – “La pagheranno”. La minaccia di Luigi Di Maio, dopo la porta sbattutagli in faccia con molto vigore da Matteo Renzi, mostra la delusione per una trappola preparata con cura minuziosa che ha fatto cilecca. Sarebbe gentile e doveroso un minuto di raccoglimento per alleviare la disperazione sua e soprattutto di Marco Travaglio.

Dopo poche ore sono arrivati i risultati delle elezioni in Friuli con l’ampia vittoria del centro destra, la conferma del PD al livello ottenuto nella pesante sconfitta del 4 marzo scorso e – udite! udite!- la fragorosa batosta subita dai 5 stelle che perdono 12 punti percentuali rispetto alle politiche.

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Sarà stato anche per questo che Di Maio ha cambiato registro e da giovinetto per bene, sorridente e pettinato con cura, è passato a una sguaiata offensiva contro tutto e tutti. Strepita “andiamo” subito alle elezioni, pronto a riaprire su quest’obiettivo il forno leghista. Per fortuna non spetta a lui e nemmeno a Salvini decidere quando sciogliere le Camere.

Nel disegno dei grillini il PD, in cambio dell’adesione allo sciagurato progetto, sarebbe stato tacitato con qualche poltrona di governo e con un colpo di spugna su anni d’insulti e accuse anche infamanti, da riprendere e ripetere quando nuovamente necessario.

Si può accettare un confronto persino dopo una campagna elettorale rovente, ma non fra due concezioni differenti e alternative della democrazia. Casaleggio ha indicato ai suoi seguaci la democrazia diretta, storicamente anticamera delle dittature, magari digitali. Il PD è per la democrazia parlamentare, dove la maggioranza governa e l’opposizione controlla. E soprattutto si torna a votare.

Per Lucia Annunziata “Renzi su questo ha ragione, i due elettorati non sono pronti, c’è stata per anni una divisione forte e sanguinosa. Per l’elettorato del M5S Renzi e il Pd sono peggio di Berlusconi”.

Arturo Parisi, amico di Prodi, sostiene che “c’è bisogno di un tempo di tregua” perché “ritornare alle urne con le stesse regole con le quali siamo finiti qua sarebbe inutile e pericoloso”. Propone una soluzione costituzionale simile a quella che vige in Francia. Presidente eletto direttamente dai cittadini con un ballottaggio fra i due più votati se nessuno supera il 50 per cento.

Questo il dissestato panorama alla vigilia della direzione del Partito Democratico. Altri colpi di scena e nuovi scatti di nervi potrebbero verificarsi. Staremo a vedere.

Fa sensazione, in coda al gruppo dei ciclisti della politica, la dolce figura di Maurizio Martina, segretario reggente e sempre più spaesato…

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