Fini e Berlusconi dopo il voto di fiducia: tutti i giochi sono ancora aperti

Fini ammette di non avere “la sfera di cristallo” e fa adesso previsioni prudenti sul voto di fiducia del 14. C’è da credergli anche se , come spesso gli accade, non dice tutta la verità. Per lui anche se Berlusconi ottenesse la fiducia per qualche voto non solo al Senato ma anche alla Camera, sarebbe lo stesso, perché Berlusconi dovrebbe guidare un “governicchio” destinato ad una grama sopravvivenza. Anche questo è vero solo in parte: sarebbe certo un “governicchio” ma il Cavaliere, non più costretto alle dimissioni immediate, potrebbe tentare di dar vita ad una nuova fase trattando dalla posizione migliore e tenendo ben salda la minaccia delle elezioni.

Quello che Fini non dice – e non gli si può nemmeno chiedere di dirlo – è che se Berlusconi avrà la fiducia per lui, Fini, si tratterà di una sonora sconfitta, forse senza appello. Potrà far lavorare alla Camera la propria pattuglia di guastatori, boicottando di continuo i provvedimenti del Governo, ma si confonderà sempre di più con il PD e con gli uomini di Di Pietro, perdendo consensi nella propria tradizionale area elettorale. Certo un partito di destra può tatticamente allearsi con la sinistra, ma se dopo si va alle elezioni è messo assai male.

L’altra incognita dipende da quello che sarà in grado di fare Berlusconi, se invece che alle elezioni puntasse ad un allargamento della propria maggioranza. Difficile che un discorso aperto e possibilista possa modificare la posizione intransigente di Gianfranco Fini. Il contrasto non è solo politico ma umano e personale: i due si detestano. Non è in quella direzione che un abile intervento di Berlusconi – ammesso che voglia e sia capace di farlo- può trovare un sufficiente consenso esterno. Maggiori possibilità può esserci verso gli altri settori del Terzo Polo, visto che anche Casini di Fini non si fida del tutto. Certo si governa male con una maggioranza risicata. Ne sa qualcosa Romano Prodi, che senza l’aiuto dei senatori a vita a Palazzo Madama sarebbe andato molto prima in crisi. Berlusconi ha un problema analogo ma alla Camera e corre analoghi rischi. Anche riluttante, il tentativo di allargare il numero dei sostenitori del suo Governo dovrà farlo.

E’ destinata a proseguire ma senza risultato la polemica sul “calciomercato parlamentare” innescata alla Procura della Repubblica di Roma da Di Pietro, fragorosamente rilanciata in piazza da Bersani, alla quale si è subito accodato Fini. E’ una polemica risibile sul piano legale. Alto discorso è quello morale, ma qui si parla di Costituzione, che, al riguardo, è chiara: i parlamentari non sono eletti col vincolo di mandato e non possono essere perseguiti per le opinioni espresse ed i voti dati in Parlamento. I finiani possono dunque tranquillamente votare con la sinistra, così come altri parlamentari di opposizione possono decidere di votare a favore del Governo. Che Di Pietro, perpetuo nostalgico delle manette, si sia mosso in questa direzione non meraviglia. Ma che lo abbiano seguito Bersani e soprattutto Fini, che la Costituzione, come presidente di Montecitorio dovrebbe conoscerla, è singolare.

Aspettiamo in ogni caso il 14 prima di dare per scontato il voto di fiducia. Ci possono essere colpi di scena dell’ultima ora in grado di modificare le previsioni di oggi. Anche chi scrive, proprio come Gianfranco Fini, non possiede certo la sfera di cristallo….

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