Marco Travaglio in lutto per il flop M5s: ora le carte le dà Salvini, cosa farà?

di Carlo Luna
Pubblicato il 12 Febbraio 2019 - 12:35| Aggiornato il 27 Luglio 2019 OLTRE 6 MESI FA

 

Matteo Salvini si gode il successo in Abruzzo ma non chiede un rimpasto di governo, come erroneamente qualcuno, me compreso, prevedeva, nonostante la Lega sia ormai primo partito anche sul piano nazionale. Si presenta da Bruno Vespa senza sfoggiare una delle tante felpe militari che usa per catturare il consenso degli italiani che sentono forte il tema della sicurezza. Anche con le felpe lancia messaggi. Usa micidiali tweet su qualsiasi argomento, Festival di San Remo compreso, e non si fa trovare, dove gli altri lo aspettano. Ha imparato a fare politica. Sarà un problema per tutti.

Nella partita che si sta giocando, il leader della Lega è al centro del campo, ha il mazzo in mano e distribuisce le carte perché sa di essere l’unico ad avere due strade da percorrere per conquistare la presidenza del Consiglio. Gli altri, come vedremo, non ne hanno nessuna e annaspano.

Salvini in prospettiva può rinnovare il contratto di Governo con i 5 Stelle depressi e ridimensionati, pronti a mandare nuovamente in vacanza Di Battista, o può giocare sul lato opposto con un Berlusconi piccolo piccolo che l’ha già nominato primo ministro. Aspetta le elezioni europee e la decisione del Senato sulla richiesta di autorizzazione a procedere del magistrato siciliano. Come voteranno i  5 stelle divisi e imbarazzati?

Bandiere a mezz’asta sul Fatto Quotidiano in edizione mestizia. Marco Travaglio scrive che per M5S “l’unica strada è lavorare sodo, parlare poco restando fedeli ai valori originari”. Non spiega quali siano. Il sociologo Domenico De Masi viene in soccorso e scrive: “Stimo molto Di Maio, che considero il politico migliore di questa nuova generazione”. Secondo lui ricopre quattro incarichi gravosi che sarebbero troppi “anche per Churchill”.

In realtà Di Maio e compagnia cantante non possono mollare il Contratto di Governo con la Lega perché non avrebbero alternative. Un dialogo con il Partito Democratico potrebbe avere come conseguenza una spaccatura interna per entrambi i protagonisti.

Il PD ha ripreso fiato un Abruzzo ma presentandosi con un’intesa larga di centrosinistra. E’ all’11 per cento nella Regione e al 17 nei sondaggi nazionali. Molto poco. Il candidato alla segreteria in pole position, Nicola Zingaretti, esclude un negoziato con i 5 Stelle anche se i suoi luogotenenti ne parlano diffusamente. Ma una parte consistente dei democratici ritiene  il partito di Di Maio e Casaleggio una parodia del nazismo che ne fa una componente eversiva e pericolosa da sconfiggere. La sensazione è che il PD debba prima ritrovare una sua proposta politica per il Paese e poi cercare alleati per governare.

La proposta, a mio avviso, deve partire da due esigenze fondamentali: la difesa della democrazia parlamentare e l’impegno per l’ambiente. Abbiamo più volte ricordato l’enciclica di Papa Francesco su quest’argomento. Il PD dovrebbe almeno cominciare a leggerla.