Aldo Moro, ritorna l’attenzione sul suo assassinio. E’ nuovamente aperto il dibattito sulla richiesta di modificare, radicalmente, il giudizio della gran parte delle forze politiche di allora. Sul comportamento dell’alto esponente democristiano durante i 55 giorni di prigionia. Restituendogli onestà, dignità politica e storica. Se non si farà questo, c’è da chiedersi che cosa dovrà essere insegnato, ai ragazzi di domani, sulla storia politica del nostro Paese.
La lettera resa nota il 18 di aprile è formale. Moro si rivolge a Cossiga, non per amicizia, ma perché è il ministro degli Interni del governo Andreotti..
Fa subito capire che la posta in gioco è molto alta e assai rischiosa, non solo per lui.
Scrive: ”Mi è stato detto con tutta chiarezza, che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto, come Presidente della DC, a un processo. Diretto ad accertare le mie trentennali responsabilità, processo ora in termini politici che diventano sempre più stringenti”. E qui suona il primo campanello d’allarme per i dirigenti della DC, sconvolti e titubanti.
Il secondo rintocco è molto più forte e allarmante. Moro afferma che “in tali circostanze” scrive in modo riservato”. Perché tu e gli amici con alla testa il presidente del Consiglio ( informato ovviamente il Presidente della Repubblica) possiate riflettere opportunamente sul da farsi, per evitare guai peggiori”.
I messaggi alla Dc nelle lettere di Moro prigioniero delle Br
I rintocchi crescono ancora. C’è il rischio di “essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa in determinate situazioni”. Chi vuole capire, capisca.
Dirompente il finale su questo argomento. I brigatisti sapevano della divisione fra le forze politiche ed è da ritenere che anche Moro ne fosse informato. Perché demolisce la teoria della fermezza. Sostenendo che “la dottrina per la quale il rapimento non deve recare vantaggi, è discutibile già nei casi comuni, dove il danno del rapito è estremamente probabile. Non regge in circostanze politiche dove si provocano danni sicuri e incalcolabili non solo alla persona ma allo Stato.
“Il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità, che dovrebbe indurre a salvarli, è inammissibile”. Molti Stati hanno trattato. Quasi tutti quelli del mondo, tranne Israele e la Germania.
Ricorda gli scambi fra Pinochet e Breznev, di prigionieri, di spie e dissenzienti sovietici. Afferma che “è necessario esaminare con freddezza la situazione, guardando lucidamente al peggio che può venire”.
Suggerisce a Cossiga di concordare con Andreotti una riunione riservatissima “con pochi qualificati capi politici, convincendo gli eventuali riluttanti”.
Conclude con un “Che Iddio vi illumini per il meglio, evitando che siate impantanati in un doloroso episodio , dal quale potrebbero dipendere molte cose”.
Leonardo Scia scia ha scritto che Moro
Moro secondo Sciascia con la lettera puntava a perdere tempo perché convinto che la polizia fosse in grado di liberarlo. Secondo lo scrittore siciliano, la polizia invece il tempo lo perdeva. “Aldilà di quanto Moro potesse immaginare”.
Queste affermazioni del Presidente democristiano furono passate al setaccio dalla polizia, da magistrati, giornalisti, scrittori ed esperti veri o presunti. Una sola cosa appare sicuramente attendibile. Moro non aveva affatto perso lucidità ed era convinto delle iniziative che prendeva.
Un primo picco da scalare nella montagna di bugie che la gran parte dei politici e dei media italiani, avevano messo in giro sul suo conto.
Altre ne verranno.
( 2 Continua)
Il primo articolo su sequestro di Aldo Moro è qui.