Moro minacciato da Kissinger e dagli alleati. Breznev contro Berlinguer. Perché Cossiga inventò l’Ucigos?

Moro minacciato e poi rapito. Quarto articolo di Carlo Luna. Gli americani e gli alleati europei della NATO erano nettamente contrari al “compromesso storico” proposto da Enrico Berlinguer alla DC. Che avrebbe consentito la presenza dei comunisti nel Governo. Berlinguer, nel contempo, sottolineava che i comunisti italiani erano autonomi dall’URSS. Parlava di “eurocomunismo”. Accettava di essere protetto “dall’ombrello NATO”. Per rendere il suo partito una forza della società occidentale.

A questo disegno, per ragioni diverse una dall’altra, erano ostili la sinistra del PCI, la destra DC, i socialisti di Bettino Craxi.

I socialisti erano preoccupati di vedere il PSI collocato in posizione marginale a causa dell’accordo fra le due forze politiche maggiori. Sul piano internazionale, tutto questo disturbava fortemente gli Stati Uniti di Nixon di Ford e l’URSS di Breznev.

Una minaccia esplicita a Moro ci fu nel settembre del 1974, durante la visita ufficiale negli USA dell’allora Ministro degli Esteri italiano. Henry Kissinger, Segretario di Stato, sottolineò la pericolosità del “legame con il PCI” .

Chi minacciò apertamente Moro?

Inoltre, un alto personaggio USA molto importante lo apostrofò duramente. Moro restò sconvolto. Nella sua testimonianza davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta, la moglie di Moro rivelò quello che gli era stato detto. Eccolo: ”Lei la deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze a collaborare direttamente. O lei smette di fare questa cosa, o la pagherà cara”.

Questo personaggio ha avuto finalmente un nome. È quello di Steve Piezenik, americano, che ufficialmente coordinava il collegamento fra i servizi segreti di Usa e Italia. La sua verità la conoscemmo solo nel 2018 grazie a Giovanni Minoli. Intervistò Piezenik che fece rivelazioni clamorose. Ammise che il suo compito era “manipolare alla distanza i terroristi italiani così da fare in modo che le BR uccidessero Moro ad ogni costo”.

La falsa pista sulla prigione di Moro

Secondo lui le BR avevano perso e dovevano liberare l’ostaggio. Rivelò che Cossiga all’inizio non era convinto ma poi fu dello stesso parere. Sapeva della lettera falsa che fece mobilitare la polizia italiana per il paese di Gradoli e il lago della Duchessa.

La conclusione dell’intervista è impressionante: ”Il sacrificio della vita di Moro era necessario”. Cossiga è stato, una delle figure più importanti e controverse della nostra storia repubblicana. Ha ricoperto tutte le più alte cariche dello Stato. Fu il più giovane Ministro dell’Interno, il più giovane Presidente del Senato, il più giovane Presidente della Repubblica.

Il nuovo governo si trovava in una situazione politica difficile. Sapeva che gli alleati dell’Italia sorvegliavano con molta attenzione lo sviluppo degli avvenimenti. I cambiamenti del PCI, il riconoscimento – da parte di Berlinguer – che la NATO era un ombrello utile, non avevano dissipato i sospetti.

Nella Nato tutti d’accordo per fermare Moro

In un convegno del G7 a San Juan, Aldo Moro – in quel momento Presidente del Consiglio – aveva dato le sue assicurazioni. Ma da una dichiarazione di Helmut Schmidt resa nota il 19 luglio 1976 si seppe che, assenti gli italiani, Gerald Ford e Henry Kissinger per gli Stati Uniti, Schmidt per la Germania Ovest, James Callaghan per il Regno Unito, Valery Giscard d’Estaing per la Francia, avevano tenuto una riunione. In  essa si era deciso che l’Italia non avrebbe avuto né un dollaro né alcun’altra forma di aiuto se il PCI fosse entrato nel governo. 

Andreotti formò il primo governo di unità nazionale, un monocolore democristiano con la «non sfiducia» del PCI. I comunisti non avrebbero votato a favore, si sarebbero astenuti. Consentendo così la vita del monocolore composto da 69 persone, tra ministri e sottosegretari.

Quanto affermato da Pieczenik fu inserito nel fascicolo aperto dal giudice istruttore Ferdinando Imposimato. Secondo il quale Moro poteva essere salvato e il covo di via Montalcini, dove era prigioniero, era sorvegliato dalla polizia. Ma il blitz per liberarlo misteriosamente non scattò.

Uno snodo importante per scoprire quello che accadde è la partecipazione di Pieczenik al comitato di esperti scelti da Cossiga per collaborare con l’UCIGOS costituito un mese prima del rapimento.

Il ministro dell’Interno controllava prima di ogni altro gli sviluppi delle indagini. Luigi Zanda, stretto collaboratore e portavoce di Cossiga lo difende, come vedremo.

(4 continua)

Qui il primo articolo di Carlo Luna

Qui il secondo

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