Se dovessi sintetizzare il cuore del messaggio della Piattaforma Europea Zero Emissions Fossil Fuels Power Plant (EU-ZEP in sintesi), vale a dire una delle quattro piattaforme fondamentali della Comunità Europea e della IEA (International Energy Agency), che decide le nostre politiche energetiche dal punto di vista tecnico-politico, lo farei estrapolandolo dal messaggio ufficiale della EU-ZEP ora revisionato da quello di ottobre 2013. Un messaggio fiero ed “accorato” di una filiera devastata:
i) da lobby del monitoraggio e di a volte ridondante remediation ambientale – assetate di euro per sopravvivere – a scapito dell’industria elettrica e
ii) da filiere “dell’energia distribuita” rispetto a questa filiera, il CCS come il nucleare, di energia concentrata in pochi ettari: grandi impianti a carbone o a gas con taglie da 1000-2000 MW o grandi impianti di raffinazione, cementifici, acciaierie, termovalorizzazione. Le tre pagine di concentrazione di come funziona questa devastazione è contenuta in una cronaca dell’ultima Audizione a Parlamento Europeo su argomento CCS.
La storia dell’evoluzione del CCS è la storia della perdita progressiva di coerenza di una umanità confusa, offuscata, soprattutto dopo il boom della chimera degli shale-gas. Importanti essi ma non risolutivi e soprattutto non risolutivi dei cambiamenti climatici, rispetto a quanto sono risolutivi degli equilibri energetici occidente-oriente. Perchè parliamoci chiaro: o la costante crescita di CO2 antropogenica in atmosfera non esiste – e questo va contro ogni evidenza sperimentale – e quindi i cambiamenti climatici dovuti anche e prettamente alle attività umane NON esistono, o se invece esistono e vogliamo porre rapidamente rimedio ad essi, noi dobbiamo fermare l’emissione di gas serra dalle centrali a carbone, che ancora esistono e vengono costruite senza – tassativamente senza -CCS. Questi cantieri elettrici sono soprattutto in Cina ed in India, ma noi dobbiamo dimostrargli di saper produrre energia da carbone e da gas, anche ad emissioni vicino allo zero. Dobbiamo divenire esportatori di queste tecnologie e di questi brevetti. Dobbiamo farlo senza promuovere però centri di ricerca delocalizzati solo di cattura CO2 o solo di stoccaggio CO2, fossero essi in Sulcis o dove che sia.
Come ho già spiegato più volte questo si può fare solo con una carbon tax “chi emette paga”, eliminando ogni altra forma di incentivi, certificati, negoziazioni, crediti verdi-rossi-blu, commercialisti dell’ambiente, controllori delle emissioni a corrente alternata e con tabelle confuse, accordi al 2020, accordi al 2050, accordi al 2100. Tutte balle per far lavorare scatole cinesi dell’ambiente, contabili delle quote, accordatori furbi dello sbrodolante ed ipocrita sistema dell’Emission Trading System (ETS), rivelatosi un flop mondiale. Tanto di cappello a chi non ha aderito – furbescamente compresi i complimenti alla Russia per “opportunismo climatico” visto che vi ha aderito perche i russi erano creditori di quote di CO2, altrimenti non avrebbero mai aderito e l’Accordo di Kyoto non sarebbe decollato, come un debole airone.
Ora siamo però al punto di svolta di questa crisi energetico-climatica-economica-etico-strutturale e nessuno di questi aggettivi può essere omesso: è necessario riconoscere la nostra ipocrisia definitivamente, vale a dire il continuare a privilegiare solo ed esclusivamente le filiere delle rinnovabili e della efficienza energetica e le rispettive piattaforme ed i rispettivi ridicoli bandi Horizon 2020, tutti da riscrivere con un unica mano.
Essi, è evidente, sono stati scritti in modo distribuito e falsamente democratico, mentre sarebbe stato meglio omologarli ad una vision unica. Per fortuna il Board MIUR Horizon 2020 Italiano, di cui faccio parte, ha cominciato a fare le prime correzioni con prossima riunione a breve in febbraio.
Bandi che ci dicono una cosa semplice ed osservabile in qualsiasi convegno di energia, da Pecoraro Scanio in poi: le sale convegni divengono gremite quando si parla di energia distribuita da rinnovabili e da lavori di edilizia per efficienza energetica per la moltitudine di soggetti consensienti, ognuno con il suo ossetto da spolpare in nome delle emissioni di CO2, ma non quando si parla di infrastrutture che abbatterebbero CO2 molto più rapidamente ed in maggiore quantità a parità di ettari usati (l’unica vera materia prima che manca in Italia). Perché tanti piccoli progettini accontentano tanti, sono tanti voti, ma non salvano l’intera comunità dal costo elettrico in bolletta più alto del mondo. Quello italiano.
Hai voglia ad infilar pezzettini di questo puzzle dell’energia distribuita in svariati Decreti Omnibus italiani, senza attendere una direttiva europea complessiva ad hoc sulle smart grids-smart cities ed una parallela sull’uso sinergico e non conflittuale del sottosuolo per produrre energia e calore: stiamo andando nel baratro a passi crescenti, a comporre questo puzzle.
Veniamo ai messaggi chiave del documento EU-ZEP:
– Messaggio 1: la tecnologia CCS è essenziale per la crescita e la salvaguardia del LAVORO in industrie chiave e che guidano innovazione e competitività in Europa.
– Messaggio 2: la tecnologia CCS è una tecnologia effettiva provata, che è anche competitiva e compatibile con altre tecnologie low carbon;
– Messaggio 3: Senza la tecnologia CCS, l’Europa rischia di fallire i suoi obiettivi sul cambiamento climatico.
– Azioni Politiche: I politici europei devono svolgere immediata azione allo scopo di mettere in atto industrialmente le tecnologie CCS.
Concludo dicendo che mentre gli impianti di cattura della CO2 sono dei prototipi riproducibili, anche in tempi relativamente corti, l’accettazione pubblica di siti di stoccaggio gas, ognuno diverso dall’altro, è ben difficile da ottenere con le semplici parole che vorrebbero sentirsi dire popolazioni magari populiste, soprattutto se ancora il titolo V della costituzione non cambia. Non sono risolutivi in questo senso i passaggi di potere Regione-Stato con leggi “toppa” ora solo per il comparto geotermico e non come dovrebbe essere fatto su tutte le filiere energetiche di uso strategico del sottosuolo.