ROMA – Cesare Lanza ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog, col titolo: “Caro Cairo, a La7 (tutta talk) un problema c’è”.
Urbano Cairo ha dato a La7 un indirizzo strategico intelligente, un talk politico pressoché continuo da mane a sera. È una scelta intelligente per almeno tre buoni motivi:
1. Assicura al network una identità precisa e riconoscibile (così come fa Sky con lo sport e i film), e anche vincente, rispetto ai giganti Rai e Mediaset.
2. I talk non costano nulla o poco: gli ospiti non chiedono né compensi né rimborsi…
3. La 7, e di conseguenza Cairo come personaggio (imprenditore ed editore), diventa centrale nel dibattito politico, acquisisce automaticamente relazioni, prestigio, importanza e influenza nel cosiddetto Palazzo. Senza necessità di grandi apparati, tipici di grandi aziende, per l’immagine, uffici stampa, relazioni esterne e istituzionali. Gli ambasciatori di Cairo diventano automaticamente i conduttori grandi e piccoli, di cui la rete dispone.
Tuttavia, c’è un problema: una trappola, una insidia che sarebbe incauto sottovalutare.
Il problema è questo: la politica, basta la parola, è giustamente odiata, detestata. Troppe ne hanno fatto personaggi, importanti e minuscoli, della politica: alla fine più di mezza Italia si è stufata, non va più a votare, maledice la politica che ruba, promette e nulla fa. I talk potrebbero assumere un ruolo importante, se riuscissero a diventare un osservatorio esterno e imparziale, senza mai strizzare l’occhio al Sistema, senza limitarsi a dire battute convenzionali e scontate contro la Casta, ma accendendo dibattiti rigorosi e coinvolgenti: mettendosi, senza qualunquismi, dalla parte della gente.
A La7, caro Cairo, sempre più raramente prevale il rigore. La tendenza è al cazzeggio… E il rischio (ascolti insufficienti a parte) è che i programmi abbiano stima solo nell’ambito elitario del mondo politico, ma diventino – come puro specchio della politica – impopolari e antipatici quanto la politica, estranei ai bisogni quotidiani della gente.
Due esempi mi sembrano significativi: “Coffee break“, condotto da Tiziana Panella, e “L’aria che tira“, dove domina Myrta Merlino. Tutte e due hanno qualità: la Panella è informata, elegante; Myrta Merlino è una piaciona, che potrebbe condurre qualsiasi programma (potenzialmente una Mara Venier). Però, ecco il punto critico… Tiziana Panella non solo dà l’impressione di specchiarsi nella sua indiscutibile bellezza, e passi, purtroppo ha sempre qualcosa da dire più dei suoi ospiti, si sovrappone a loro, dice la sua (spesso scontata e trascurabile) opinione, partecipa al chiasso e provoca incomprensibilità. Così facendo, non prende le distanze dal detestabile chiacchiericcio della politica di oggi, ma vi entra con tutte le scarpe (tacco alto), vi sguazza, si confonde nel bla bla.
Idem Myrta Merlino, con una aggravante: il bla bla diventa cazzeggio puro. Battute, risate, interruzione continua dei malcapitati invitati! Ci sono momenti seri e interessanti a “L’aria che tira”, ma si sa che conduttori ben più esperti e attrezzati di Myrta fanno fatica a gestire l’alternanza tra serio e faceto, drammatico e comico. Myrta Merlino ha chiuso la bocca, nei momenti migliori, a personaggi come Cirino Pomicino, Alessandra Mussolini, Vittorio Sgarbi, Gianni Barbacetto, Alfredo D’Attorre…
Non ha saputo gestire una furente invettiva di Sgarbi vs Barbacetto. Ha tolto la parola a D’Attorre, che voleva sviluppare un tema cruciale: si può pensare il male che si vuole di Tsipras, ma il premier greco ha il merito di lanciare un problema ormai cruciale, l’Europa non va così com’è.
Conclusione: il guazzabuglio non giova né alla politica, né agli ascolti, né al talk, né alla rete (o al suo editore, Cairo). E direi neanche alle conduttrici, che pure hanno qualità e risorse. Perché insistere su questo stile, staccandosi dalla gente e dalla realtà? Non si capisce.
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