Cesare Lanza. Ferruccio De Bortoli, il coraggio di dire no ai padroni

Cesare Lanza. Ferruccio De Bortoli, il coraggio di dire no ai padroni
Ferruccio De Bortoli. Addio alla redazione del Corriere della Sera

ROMA – Cesare Lanza ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog.

Cito dal libro di Giovanni Valentini, “Le voci del villaggio, che a sua volta cita da “Gianni Agnelli visto da vicino”, di Pietro Ottone:

“L’ideale dell’informazione obiettiva, quella che comporta l’obbligo di dire le cose come stanno, senza secondi fini, non ha mai conquistato l’animo dei giornalisti italiani”.

Difficile pensarla diversamente dal leggendario Avvocato: la colpa è sempre dei giornalisti, il tormentone è noto… Però, però! Qualche giustificazione, signori della corte, c’è.

Cosa possiamo aspettarci dai giornalisti, se i loro direttori sono, quasi tutti, schierati sugli attenti di fronti agli editori? E se gli editori, quasi tutti, preferiscono direttori “yes man”, attenti a vigilare sui loro interessi, anziché fare i giornali con “l’obbligo di dire le cose come stanno, senza secondi fini”? I giornalisti si adeguano.

Una volta, i giornali erano di proprietà di editori cosiddetti “puri” perché non avevano altri interessi, al di fuori degli incassi provenienti dalle vendite e dalle inserzioni pubblicitarie. Oggi, le cose sono cambiate: la proprietà è in mano a personaggi che legittimamente curano interessi e strategie personali e aziendali, il giornale è diventato uno strumento di potere più che di informazione, i bilanci dei giornali sono secondari rispetto a quelli delle aziende dei medesimi proprietari.

Dai massimi sistemi alla cronaca dell’addio di Ferruccio De Bortoli da direttore del Corriere della Sera.
Tra i miei ragazzi, che assunsi al Corriere di informazione a metà degli anni 70, Ferruccio non è stato il miglior giornalista, ma sicuramente è di gran lunga il più importante dirigente.

Pensando a quanto ho scritto prima, De Bortoli sicuramente fa parte del ristretto numero di direttori veramente indipendenti dal potere delle proprietà editoriali. Con ciò, anche per evitare elogi mielosi e commemorativi, non voglio dire che De Bortoli sia stato indifferente di fronte agli interessi degli editori. Ma De Bortoli lo ha fatto con intelligenza, dignità, discrezione e senso della misura: più di una volta si è ribellato di fronte a “input” o situazioni inaccettabili.
Il saluto di De Bortoli è coerente con la sua personalità: chiaro, onesto, finalmente con qualche appuntita e orgogliosa, forte e aspra, frustata (potevano essercene in quantità industriale). Significativo il riferimento ai “troppi e litigiosi azionisti”. Non condivido l’apprezzamento per Mario Monti, “che ebbe per fortuna dell’Italia l’incarico del presidente Napolitano di guidare il governo”. Quale fortuna? Monti è stato il peggiore premier della storia repubblicana, il professore che ha aperto la strada ad una sciagurata stagione politica priva, con il consenso di Napolitano, di passaggi elettorali: quindi una stagione antidemocratica.

Divertente la definizione di Renzi, “un giovane caudillo, un maleducato di talento, uno che disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche.”

Forte la dichiarazione: “Personalmente mi auguro che Mattarella non firmi l’Italicum, una legge sbagliata.”

De Bortoli, giustamente, sostiene –anacronisticamente – che i giornali debbano essere scomodi e temuti per poter svolgere un’utile funzione civile. Evviva! Gli offro d’istinto e per affetto un posto d’onore nel mio movimento “contro la rassegnazione e i pregiudizi”. Dice che i bravi giornalisti spesso ne sanno più di coloro che vorrebbero zittirli. Vero. Ma è anche vero, purtroppo, che troppi giornalisti sono superficiali, ignoranti e rassegnati all’inchino.

Le notizie sono notizie, dice De Bortoli: anche la mia, più che un’opinione, è una desolante notizia. Basterebbe fare un censimento. Il senso di equilibrio di Ferruccio è mitico: rispetto sia l’equilibrio, che lo ha portato a dirigere per dodici anni il Corriere, sia pure in epoche diverse, e rispetto le sue opinioni. Ma mi dispiace che Luigi Einaudi sia citato più o meno come Mario Monti.

Il discorso si conclude senza saluti verso gli azionisti che rappresentano la proprietà e i massimi dirigenti. E, lo dico io perché De Bortoli non lo dice, alla fine della fiera perché Ferruccio è esonerato? Forse per mancanza di qualità? No: lo dimostrano l’allungamento del contratto, evento mai registrato contestualmente con un esonero a scadenza, e le difficoltà nel trovargli un successore. De Bortoli è saltato perché, con una serie precisa di posizioni ribelli, ha urtato le personalità e gli interessi di alcuni azionisti, in maggioranza. Se il suo successore si comporterà come ha fatto lui, rigido e inflessibile anche se non eroico, incontrerà gli stessi problemi, e anche più forti e impervi.

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