Con Elly Schlein il Pd si fa Internazionale, segretaria con 3 passaporti, comunista dura e pura, pugni chiusi

Elly Schlein candidata alla segreteria del Pd: c’è voglia di un ritorno al passato nel partito democratico? Per dirla più chiaramente, i nostalgici del vecchio PCI sono tanti?

Il dubbio  non è così lontano dalla realtà se rileggiamo la cronaca di quanto accaduto sabato scorso a Roma.

Fra le candidature alla segretaria del partito che fino ad allora vedeva favorito Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, si è schierata Elena Schlein, detta Elly. È una trentenne che ha in tasca tre passaporti, lo svizzero, l’americano e finalmente l’italiano. Come mai vi chiederete? La giovane è nata a Lugano da padre statunitense e da madre nostra concittadina. Ora si vuole iscrivere al Pd, perché non ha mai avuto in tasca la tessera del partito. “Voglio essere con voi, perché insieme a voi dobbiamo costruire un nuovo Pd, lontano dalle correnti e dai padrini”.

Accolta dagli applausi scroscianti della platea, la Schlein ha continuato ad esporre il suo pensiero, mentre nel grande salone del quartiere Tiburtino si intonava “Bella Ciao”, con qualcuno che alzava il pugno, andando con la memoria al passato.

Davvero c’è tanta nostalgia del vecchio PCI? Lo dirà il futuro. Di certo c’è che se Elly dovesse davvero vincere, una forte sterzata a sinistra sarebbe pronosticabile. Tanto è vero che chi è al suo fianco è sicuramente l’ex ministro Alfredo Orlando che non ha mai nascosto le sue simpatie per un progressismo più acceso.

Ambientalista della prima ora, movimentista, femminista, la Schlein è stata fino ad ora il vice presidente dell’Emilia, cioè il più stretto collaboratore di Bonaccini, con cui oggi si cimenta per sedersi sulla poltrona numero uno di via del Nazareno. E’ come se la Letizia Moratti di ieri volesse soffiare il posto ad Attilio Fontana dopo un lungo periodo di “lotta  comune”.

In politica, lo sappiamo, può succedere di tutto, non dobbiamo meravigliarci. Tra i due sarà fra qualche settimana una corsa a chi sarà il più rivoluzionario dell’attuale assetto del partito. Bonaccini dice che si dovrà cambiare dalla “a” alla “z” la dirigenza del partito. Elly va ancora più in là affermando che non ci saranno “schelliani” (cioè sostenitori accaniti della sua persona e quindi frange di una nuova corrente che lei aborre), ma soltanto  gente in grado di creare una storia nuova, di un partito completamente diverso da quello attuale.

Comunque la si voglia prendere, questo duplice atteggiamento non dà scampo ad Enrico Letta che esce dalla competizione con le ossa rotte. Ma è davvero colpa solo del segretario del Pd se non si sa oggi quale veste indossino i dem?

La risposta  è un no secco, perché le divisioni interne al partito hanno creato una spaccatura difficilmente sanabile. Due, tre, cinque correnti  con politici che si affrontavano e si affrontano come se fossero avversari e non componenti di uno stesso partito. Allora, bisogna dare un volto nuovo al Pd, una sterzata che lo cambi da cima a fondo.

Più progressista? Questo è un sostantivo che riempie la bocca di chi spera di vincere e di diventare il segretario di via dl Nazareno, ma la verità è che si respira un’aria di restaurazione. Lo dimostrano i pugni chiusi, gli appausi scoscianti ogni volta che la Schlein “diceva cose di sinistra avanzata”. Un ritorno ai vecchi tempi quando il Pci occupava il territorio ed era il padrone delle periferie, le stesse che oggi lo hanno lasciato diventando nei numeri il terzo partito italiano dopo Fratelli d’Italia  del presidente Giorgia Meloni e i Cinque Stelle di Giuseppe Conte.

 

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