Rimpasto? E’ un sostantivo che il premier rifiuta, non ne vuole nemmeno sentir parlare. Potrebbe indebolirlo e questo è un verbo che non gli aggrada.
Giuseppe Conte convoca i big della maggioranza e con loro ingessa il governo. L’alleanza giallorossa durerà fino al 2023 quando si andrà finalmente alle elezioni. Vito Crimi è pienamente d’accordo. Nicola Zingaretti pure. Matteo Renzi dice si, ma nasconde il coltello in tasca. Insomma, non farà nessuno sgambetto, però l’esecutivo dovrà operare, in parole più semplici lavorare e mantenere le promesse. Attenti, dunque, sembra dire il leader di Italia Viva. Perché se non seguirete i miei consigli, ho sempre l’arma che può mandare a gambe all’aria il Governo.
“Quieta non movere”, insegnavano i nostri padri latini. Meglio lasciare le cose come stanno, perché altrimenti ogni mossa potrebbe essere fatale. Il Presidente del Consiglio Conte continua nella sua opera di mediazione. Ma stavolta va ancora più in là e blinda la sua poltrona a Palazzo Chigi. Se il patto rimarrà, le opposizioni non avranno più spazio. Si potrà gridare all’infinito, scoprire nuovi inciuci, ma se la strada segnata è quella dettata dall’ultimo vertice, il centro destra non avrà più spazio.
A lenire le ferite provocate dal virus, corre al capezzale di Conte anche il ministro della Salute Roberto Speranza. Parla alla Camera e dimostra (a suo dire) che le Regioni non possono sbraitare perché sapevano benissimo quel che il governo si apprestava a fare. Inutile sbracciarsi sui colori e sulle ristrettezze, tutto è stato deciso alla luce del sole.
Comunque, chiarite a parte, il premier e i suoi ministri fanno intendere a quanti sbraitano che il colore in cui è stata divisa l’Italia potrebbe cambiare. Da rosso diventare giallo e viceversa. Con l’arancione pronto a venir in aiuto di chi deve decidere. Qualcuno sibila con ironia: “Oggi l’Italia non ha la divisione in regioni, ma in colori”. Alla battuta replicano i ministri vicini al presidente del consiglio: “Parlare oggi di un rimpasto sarebbe lunare”. Aggettivo non appropriato che urge spiegazioni.
Il tentativo (finora riuscito) di tenere in vita il governo fa passare in secondo piano la paura del virus? Niente affatto. I virologi si affannano a esibirsi in tv, ma c’è chi si chiede quante ore lavoreranno a studiare la pandemia, se in giornata appaiono diverse volte sugli schermi televisivi. Un particolare comunque è certo. Gli studiosi – in gran numero già ad aprile scorso – avevano previsto la seconda ondata. “Non è una probabilità, è una certezza”, pronosticarono in tanti. Perché chi doveva lavorare per scongiurare questo pericolo ha mollato i freni? È un interrogativo che non ha risposta e gli italiani per adesso dovranno imparare a convivere con il Covid19.
Tutto questo non significa che le liti si siano sopite. Il giallo, il rosso e l’arancione alimentano le divisioni e le polemiche. Lombardia contro Campania, Calabria contro Lazio. Nessuno accetta quel che ha deciso il governo. Non tutti in verità, perché chi è rimasto fuori dal lockdown tace. La voce unanime è una sola. “Speriamo arrivino i soldi stanziati da Palazzo Chigi”. Il ministro Roberto Gualtieri assicura: “I primi aiuti in settimana, lo confermo”. Chi vivrà vedrà.