Approvata la riforma della 468 con l’astensione dei senatori Pd La riforma della legge di contabilità è stata definitivamente approvata dal Senato, che non ha apportato modifiche al testo pervenuto dalla Camera dei deputati. Ha prevalso la scelta della celerità su quella dell’ulteriore approfondimento dei complessi temi affrontati dal provvedimento, per consentire l’applicazione delle nuove disposizioni a partire dalla prossima sessione di bilancio.
La legge 468, dopo un trentennio di attività, va in pensione. Si riapre il cantiere del bilancio, con l’annunciata sessione di ritocco dei regolamenti parlamentari, la attuazione delle deleghe e la complessa fase transitoria in cui saranno sperimentate le nuove regole e da cui potrà emergere l’esigenza di ulteriori interventi legislativi.
Rilevante è stata la volontà del governo (e del sottosegretario Vegas) di acquisire la paternità di un testo legislativo destinato ad essere la cornice delle norme contabili per molto tempo. Il nuovo testo legislativo presenta numerosi elementi di criticità, già presenti peraltro nell’originario disegno di legge.
L’eccessiva concentrazione del potere di gestione, raccolta e organizzazione delle informazioni nella tecnostruttura del ministero dell’economia (la RGS), che appare difficilmente compatibile con l’approccio federale affermato da ultimo nella legge 42 del 2009. Il superamento della scansione temporale tra la definizione degli aspetti generali della manovra di finanza pubblica (DPEF) – prima dell’estate – e la specificazione delle misure (legge di bilancio e finanziaria) – negli ultimi mesi dell’anno – che annulla una positiva consuetudine introdotta con la riforma del 1988. La riproposizione della logica fallimentare del decreto taglia spese, con la istituzionalizzazione della clausola di salvaguardia che, a dispetto delle apparenze, rende evanescente il principio di copertura finanziaria delle leggi di spesa.
Nonostante ciò il testo approvato contiene significative innovazioni, introdotte dalla Camera dei deputati. Oltre al maggiore collegamento con la legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale, la Camera ha affrontato la questione della finanziaria snella e del connesso problema dei provvedimenti collegati.
La nuova legge di stabilità era uscita dal Senato troppo snella, praticamente anoressica. La Camera ha migliorato la situazione, prevedendo la copertura della legge, immaginando così implicitamente la possibilità di un suo contenuto eventuale, incomprimibile in un provvedimento annuale così rilevante.
È stato inoltre ribadito che, per evitare l’omnibus normativo è necessario definire nei regolamenti parlamentari un percorso certo di approvazione dei provvedimenti collegati.
«Lo scarso successo dei disegni di legge collegati alla manovra finanziaria è parso dovuto», ha affermato il presidente della commissione bilancio della Camera intervenendo in Aula a nome della intera commissione, «da un lato, alla inadeguatezza della disciplina regolamentare che non ha saputo garantire loro delle effettive corsie preferenziali tali da assicurare l’approvazione in tempi certi e, dall’altro, dal loro carattere spesso palesemente non omogeneo, che rendeva obiettivamente problematico il loro esame in tempi contenuti».
Si tratta di un punto cruciale poiché proprio su questo si è arrestato, all’inizio del decennio, il processo condiviso di razionalizzazione della decisione di bilancio che ora sembra riprendere, con delle affermazioni molto significative.
Si dice infatti che «una manovra finanziaria ordinata e tale da assicurare un positivo apporto del Parlamento non possa che articolarsi in un congruo numero di disegni di legge da assegnare per l’esame alle Commissioni competenti per materia». Si affronta così il nodo della torsione finanziaria del processo decisionale riequilibrando la ripartizione della materia referente tra commissione bilancio e commissioni di merito.
E viene aggiunta una condizione di estremo rilievo, in netta controtendenza con la prassi dell’avvio di legislatura: «I decreti-legge in questo ambito dovrebbero costituire l’eccezione e non la regola».
«Decreti-legge disomogenei da approvare senza possibilità di approfondire i contenuti e sovente a colpi di fiducia» sarebbero in netto contrasto con lo «spirito della riforma». Per realizzare questa più equilibrata ripartizione in un quadro di ineludibile rigore finanziario si pone il problema del potenziamento dello scrutinio di copertura e della quantificazione degli oneri la cui latitudine, con modifica regolamentare, deve essere ampliata.
Sono state inoltre introdotte due importanti deleghe, che riaprono il cantiere del bilancio: per la riorganizzazione dei programmi di spesa, unità di voto del Parlamento; e per il passaggio dal bilancio di competenza al bilancio di cassa. I senatori del Pd hanno criticato la volontà del Governo di blindare il testo della Camera e non hanno condiviso alcune modifiche, che hanno determinato un provvedimento il quale «non garantisce più la trasparenza e l’accessibilità dei documenti contabili e sottrae al Parlamento importanti strumenti di controllo».
In particolare i senatori del PD hanno criticato la mancata istituzione della Commissione per la trasparenza dei conti pubblici e di un servizio del bilancio unificato tra le due Camere, che segna una vittoria delle resistenze burocratiche sulla volontà riformatrice. Il dissenso è stato molto marcato, forse eccessivo, al punto di modificare il voto finale sulla legge, che da favorevole si è trasformato in astensione.