
Coprifuoco, termine odioso da stato d'assedio lite fra Salvini e Draghi per 1 ora, 22 o 23 ma tutto chiude alle 19
Coprifuoco una parola che pesa. È un termine autoritario, alla cinese. Una definizione da vecchio regime, per imporre un divieto molto discutibile. Lega e governatori in pressing su Draghi. Inutilmente. Per ora vince il “rischio calcolato “ del premier. Che però prevede modifiche graduali entro giugno
Coprifuoco è una parola che pesa. E che spacca la maggioranza di governo. Che produce scintille e gelo tra Draghi e Salvini . Il primo lo conferma fino alle 22 (fino a quando? Dipende dai contagi, calma, si vedrà), il secondo lo vuole far slittare almeno alle 23.
Lo spalleggiano i governatori delle Regioni, in testa l’emiliano Bonaccini in nome della stagione balneare di Rimini e Riccione. Un bel pasticcio.
Domanda: chi ha riesumato questo termine autoritario, alla cinese, per dire che dopo una certa ora è vietato uscire di casa? Ho un sospetto: dev’essere la stessa mente che ha problemi letterali, che bisticcia con la lingua del padre Dante, e che ha chiamato “ristori“ quei quattro soldi arrivati – in ritardo – in soccorso delle attività chiuse per Covid.
Coprifuoco, una parola che oggi divide scienza e politica. I virologi smaniosi di tivù e i politici che si sentono scavalcati e stufi della loro famelica visibilità.
Ma è anche una parola che fin dalla sua origine (come ha ben spiegato il saggista Gabriele Cané) “ha soprattutto diviso lo Stato dal rispetto dei cittadini e dal buon senso“. Proviamo a fare un ragionamento. D’accordo, diciamo che nelle prossime settimane “possa avere un senso la possibilità di uscire dopo le 22“.
Cosa normale per noi latini, per i vacanzieri dei litorali, per le consuetudini acquisite in anni di inaffondabili tradizioni. Al netto delle estemporanee movida. Cosa invocata a lungo, ad esempio, da quei ristoratori che hanno spazi all’aperto ed hanno investito fior di quattrini nella sicurezza dei loro locali. Ma se tutto è chiuso dalle 18 o dalle 19 “ci volete spiegare che senso ha lo stop alle 22?“. Si poteva anche puntare sulle 21 e buona notte suonatori. O no?
Prima o poi questo diktat andrà in soffitta. Accanto ai banchi a rotelle. O alle fantasiose primule tanto care al “desaparecido” Arcuri, rimasto fuori dai radar mediatici. E senza madri che lo rimpiangano su una “Plaza de Mayo“ domestica.
Il mondo va avanti. Ora al centro del dibattito politico e sociale c’è lo strappo leghista dalla maggioranza. C’è il coprifuoco. Finirà all’italiana. Con un onorevole compromesso. Nessuno vuole mollare la poltrona. Né prima né dopo le 22. Ma per favore lasciamo stare il linguaggio del regime.