Coronavirus, pestilenza o carestia? La parabola della passata di pomodoro

ROMA – Coronavirus, pestilenza o carestia? Scegliere drasticamente tra l’una e l’altra, a questo dover decidere chi buttare giù dalla torre non siamo totalmente costretti. Però obbligati a navigare nello strettissimo passaggio tra pestilenza e carestia questo sì, a questo siamo obbligati. E far finta che si possa salvare tutto tutti , illudersi che esistano soluzioni vincenti su entrambi i fronti, raccontarsela che tutto sarà garantito e risarcito sia nel campo della salute che in quello dell’economia non è saggio, non è realistico, non è utile. E quel che non è saggio, realistico e utile porta danno.

Utilizziamo qui, cogliendola da un articolo di Alberto Mingardi su La Stampa, quella che battezziamo la parabola della passata di pomodoro. Nessuno dubita che la passata di pomodoro sia un bene essenziale. Da garantire. La passata di pomodoro la dobbiamo, assolutamente, poter trovare, acquistare. La passata di pomodoro ha però quella che si dice una filiera. Si devono raccogliere i pomodori, poi la si deve lavorare. Quindi servono i macchinari per lavorare il pomodoro. E, se servono i macchinari per lavorarla la passata di pomodoro, servono i pezzi di ricambio per i macchinari. E, se servono i pezzi di ricambio, servono le aziende che producono i pezzi di ricambio. E, se non son pezzi di ricambio, è manutenzione. Quindi servono le produzioni per i prodotti che servono alla manutenzione…

E poi serve trasportarla la passata di pomodoro, quindi i Tir. Quindi manutenzione e ricambi per i Tir e fabbriche per i contenitori con cui immagazzini e trasporti e distribuisci la passata di pomodoro. E i barattoli, e i tappi e…E un sacco di cose e prodotti e lavori indispensabili ed essenziali per la passata di pomodoro universalmente giudicata indispensabile ed essenziale.

La parabola della passata di pomodoro narra della falsa immagine che si ha di come funziona l’economia. L’immagine falsa è quella dell’interruttore, l’immagine dell’interruttore che funziona on-off. Premi, quindi spegni. Premi, quindi accendi. Chiudi produzioni e catene di produzioni, poi le riaccendi. Invece no, non funziona come un interruttore.

Funziona invece come quando spegni un altoforno. Per riaccenderlo ci vuole molto tempo e, se l’hai spento male, di corsa e senza sapere mene dove mettere le mani, l’altoforno non lo riaccendi più. E, se spegni troppo e soprattutto male dell’economia poi non c’è l’interruttore che riaccende tutto e in sol colpo.

Si fa spesso l’analogia con la guerra, ma in guerra la fabbrica la bombardavano, però poi la fabbrica dopo il bombardamento ricominciava a produrre. E, se distrutta, la fabbrica veniva spostata altrove, lo spegnimento prolungato e totale della produzione è altra cosa.

Giustamente ci si pone l’enorme problema della caduta di domanda e quindi ci si prepara a finanziare la domanda quando l’epidemia si sarà fatta il suo giro del pianeta. Ma quasi nessuno si pone il problema dell’offerta. Se interrompi, spezzi, spegni linea di produzione chi garantisce che la produzione delle merci possa ripartire in quantità e qualità e velocità assimilabili al prima della pandemia?

Nessuno proprio nessuno lo garantisce se la logica e la pratica sono quelle dello on-off. La parabola della passata di pomodoro narra che tra gli scogli opposti e paralleli della pestilenza e della carestia governi e opinioni pubbliche dovranno saper navigare. Senza l’illusione di non riportare danni su entrambe le fiancate della nave, senza sognare di cavarsela gratis sia a poppa che a prua, a babordo e tribordo. Con la consapevolezza che bisognerà, sarà impossibile non pagare dazio, il minimo possibile, sia al mostro della pestilenza che a quello della carestia. Sentirne il fiato letale dell’uno e dell’altro, senza finire in bocca all’uno tentando di evitare l’altro. Abbiamo capito, siamo in grado di capire che i mostri son due: la pestilenza e la carestia?

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