Coronavirus, quando usciremo di casa? Anziani in rivolta, i politici pensano solo ai voti

di Bruno Tucci
Pubblicato il 21 Aprile 2020 - 11:10| Aggiornato il 22 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA
Anziani in coda alle Poste prima del Covid, sotto Covid ancora di più

Anziani in coda alle Poste prima del Covid, sotto Covid ancora di più (Foto d’archivio Ansa)

ROMA – Coronavirus, quando usciremo di casa? 

La domanda che oggi ci poniamo tutti, dai più giovani ai più vecchi, è
soprattutto questa: quando potremo uscire di casa?

Le supposizioni si moltiplicano, le ipotesi sono tante a seconda di chi la pensa a destra o a sinistra.

Come se andarsi a fare una passeggiata dipendesse da un fatto ideologico.

In tanta confusione a rimetterci sono coloro che sono costretti all’isolamento e sorridono a malincuore dinanzi ad una vignetta di moda.

Si vede sui fornelli una caffettiera e una voce dice: “Sta uscendo!”

Ed un’altra voce gli fa eco: “Beato lui”.

Però, c’è poco da ridere perché la “reclusione” comincia a farsi sentire.

D’accordo con la scienza, questo è sicuro.

I virologi di tutto il mondo affermano che il lockdown è il rimedio principe per combattere e vincere la guerra contro il virus.

Tutti noi obbediamo e ci inchiniamo dinanzi al pensiero degli esperti.

Comunque rimane dura e per il momento sogniamo.

Che cosa?

Il giorno in cui potremo aprire la porta di casa e finalmente farci quattro passi.

Non di duecento metri, ma di due chilometri.

La classifica dice per ora che i giovani saranno più fortunati.

Il virus è in genere meno cattivo e assai presto suonerà per loro la libera uscita.

Quando?

Interrogativo difficile.

Si dovrebbero preferire quelle città o quelle regioni in cui il Covid 19 è stato più clemente.

A Roma si parla del 12 maggio, a Milano a fine mese.

In Basilicata e in Molise, l’isolamento starebbe per finire, mentre i lombardi e i piemontesi dovranno essere più pazienti.

A questa ipotesi, i “puniti” si ribellano ed allora comincia il balletto
delle polemiche.

Ecco riaffacciarsi l’Italia dei campanili quando invece si dovrebbe essere più uniti per vincere.

Ma è questione di opportunità politica. Se sei rigido perdi voti, quindi è meglio largheggiare.

Papa Francesco interviene a proposito e dice senza mezzi termini agli uomini
del Palazzo:

“Pensate più al bene della gente piuttosto che a quello del vostro partito”.

E’ inutile negarlo: preoccupati al massimo sono i “diversamente giovani”, sì insomma, quelli che hanno raggiunto una veneranda età.

Se dovessimo stare a quel che ha sentenziato pochi giorni fa la presidente della Unione Europea i vecchi (che brutto sostantivo) dovrebbero pazientare fino a Natale se non a Capodanno.

Comunque, a detta della maggioranza dei cervelloni, non prima della fine delle vacanze estive.

Ma questo pensiero (probabilmente italico) fa a pugni con quanto avviene in Germania e in molti altri Paesi del Nord Europa.

Là, l’attività è in gran parte ripresa e non è vietato a nessuno di uscire di casa per prendere una boccata d’aria.

Sostiene una signora lombarda di cui non facciamo nome e cognome per il diritto
alla privacy:

“Non sono arrivata a questa età che si definisce veneranda per farmi dire come vivere”.

Il ritornello, dunque, è sempre lo stesso. Non bisogna andare avanti in ordine sparso.

Il che fa dire, ad esempio, al governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che lui chiuderà i confini se si arrivasse a permettere a tutti in ugual misura di uscire dall’isolamento.

La risposta di Attilio Fontana, il presidente della Lombardia, non si fa attendere.

“Vorrei ricordare al mio collega che noi ogni anno curiamo quattordicimila campani”.

No, così proprio non va.

Se in momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo si dà la stura alle polemiche politiche, il Paese uscirà molto più difficilmente dalla morsa
che lo attanaglia.

Invece mi piace pensare molto di più a quel malato positivo a Bergamo, curato e guarito a Palermo.

Oppure alla gente della Capitale che applaude alla riapertura delle librerie.

O ancora a quella foto che mostra vuoto il pronto soccorso dell’ospedale di
Bergamo.

Insomma, consideriamoci tutti fratelli ed esprimiamo il nostro più grande desiderio il giorno in cui potremo uscire di casa.

Una partita a calcetto, una bella corsa in un parco o più semplicemente una
gran mangiata in un ristorante magari affollato.